Orgoglio e pregiudizio è il più classico dei romanzi di Jane Austen. Il più citato, adattato, amato. Certo però non l’unico: Ragione e sentimento, Mansfield Park, Emma, L’abbazia di Northanger, Persuasione. Per non parlare dei racconti e degli altri testi, diversi nemmeno portati a termine: una vita breve, ma una produzione senza dubbio intensa (anche perché purtroppo non è che le distrazioni attuali potessero essere a sua disposizione, sfortunatamente…) per l’autrice – classe 1775 – nativa di Steventon, nell’Hampshire. Tanto si è scritto, tanto si è detto sull’opera della scrittrice inglese vissuta, per l’appunto poco, a cavallo fra diciottesimo e diciannovesimo secolo, da sempre coinvolta in paragoni con colleghe della generazione successiva come Charlotte, Emily e Anne Brontë oppure anche Elizabeth Gaskell. Benché poi in fondo il mood di Jane Austen sia realmente diverso: dietro la patina di vacuità con cui spesso, in maniera del tutto erronea, è stata salutata la sua scrittura si nascondono infatti temi molto pregnanti, trattati persino con una certa brillantezza e addirittura con ironia, come la condizione della donna in particolare all’interno della piccola borghesia della provincia inglese. Se la ragazza è senza troppe possibilità economiche ha una sola possibilità per emanciparsi: sposare un uomo. Le trame della Austen, vera protofemminista, in fondo, sono tutte qui: donne di norma non più giovanissime per l’epoca (ovvero sulla ventina abbondante…) raggiungono la maturità e il matrimonio. Punto, fine. Opere superate per contesto storico? Forse che sì, forse che no, per citare un altro grande della letteratura. Ma in questo tempo così sentimentalmente – e non solo – liquido la forza della sua scrittura si è conservata intatta per venti e più decenni, tanto da essere ancora ricordata. D’altro canto la sua letteratura in fondo parla di come raggiungere un equilibrio nella vita, uno status, una precisa collocazione, quel posto nel mondo a cui in definitiva da sempre ognuno, con maggiore o minor forza, aspira per la sua personale ricerca della serenità. Non a caso un autore dimostra la sua forza proprio dal fatto che resiste al tempo e alla storia dopo la sua morte, e lei è trapassata il 18 luglio 1817, ovvero quasi duecento anni fa esatti: non ne aveva compiuti nemmeno quarantadue… Da allora i suoi scritti non solo sono stati ristampati e tradotti in decine di lingue in tutto il mondo, tanto da non andare mai – è una delle pochissime a cui questo privilegio sia occorso, a differenza di autori anche maggiori – fuori catalogo, ma soprattutto sono diventati elemento di riscrittura, fonte continua di ispirazione e rielaborazione, citazione, annessi, connessi, varie ed eventuali. Jane Austen è diventata fenomeno di cultura popolare, riuso e ibridazione di altri mezzi. In primis, il cinema (strano che sia proprio la figura dell’autrice a non essere ancora stata immortalata in un biopic degno di questo nome: uno ce ne è stato, Becoming Jane di Julian Jarrold, ma era di fatto una commedia che romanzava un episodio della sua vita senza troppo badare alle caratteristiche reali della sua figura e ai fatti narrati, un film che omaggiava ed esplorava il mondo delle eroine di Jane Austen, mescolandole tutte e chiamando la sua protagonista Jane Austen) e la televisione, ma anche il mondo dei fumetti e dei videogiochi, passando per Karen Joy Fowler, Helen Fielding, P. D. James, Pamela Aidan, Carrie Bebris, Colleen McCullough, Seth Grahame-Smith. Gli adattamenti, letteralmente, si sprecano: l’Orgoglio e pregiudizio tutto hollywoodiano del 1940, in puro stile MGM dell’epoca, con Greer Garson e Laurence Olivier, dove l’immagine dei due protagonisti riveste il clima del cinema in costume e la misura dei meccanismi registici di stampo teatrale, e quello di Joe Wright con Keira Knightley nelle vesti di Lizzie Bennet, che sulla pagina scritta ha un physique du rôle decisamente diverso da quello dell’attrice, il Ragione e sentimento di Ang Lee con Emma Thompson e Kate Winslet, l’Emma di Douglas McGrath con Gwyneth Paltrow, un dolente Persuasione di Roger Michell (distribuito in Italia al cinema, ma concepito per la televisione britannica), un Mansfield Park di Patricia Rozema passato abbastanza inosservato... Titoli che risalgono, come la nota miniserie sulle traversie delle sorelle Bennet, con Jennifer Ehle e Colin Firth, scritta da Andrew Davies (specializzato negli adattamenti televisivi di grandi classici, e che si è fatto carico anche di una versione di Emma con Kate Beckinsale – che torneremo a citare più avanti… -, dello stesso anno, il 1996, di quella con la Paltrow, una Abbazia di Northanger con una giovane Felicity Jones, e un Ragione e sentimento del 2008 con Janet McTeer nelle vesti della signora Dashwood), agli anni Novanta, il decennio di maggior fortuna della scrittrice inglese per quanto riguarda i suoi adattamenti filologici. Dove la metamorfosi principale è dovuta al tempo d’arrivo, che reinterpreta lo scritto a seconda del contesto e delle prospettive. E a proposito di prospettive le sue sono sempre interessanti e originali anche se talvolta non riuscitissime: Whit Stillman, che è arrivato ad adattare una breve novella epistolare giovanile della Austen, Lady Susan, strutturata in quarantuno capitoli, lettere fra due amiche che trigano e brigano, presentata al Sundance il 23 gennaio 2016 e titolata però Love & Friendship. Il regista e autore che ha realizzato in precedenza due omaggi brillanti e ambientati nella New York anni Ottanta, The Last Days of Disco e Metropolitan, del quale anche la studiosa dell’Università del Nord Carolina Amanda Kobac ha ricordato il rapporto fra questo film e la morale di Jane Austen in Mansfield Park (mentre il primo altro non è che un Ragione e sentimento ai tempi della musica disco, dove non due sorelle, ma due amiche, sono costrette a vivere in una piccola casa per raggiungere il successo e trovare l’amore) si cimenta ora appunto con Amore e inganni, in sala dal primo di dicembre. Tratto dal suo romanzo, edito in Italia da BEAT, in una edizione che contempla anche il testo originale e incompiuto della Austen, in cui già dal sottotitolo, che ironicamente rimanda a una presunta verità finalmente portata a galla, ossia alla bontà d’animo di una donna come Lady Susan Vernon, inutilmente invece diffamata dalla scrittrice inglese, il film, che ha un umorismo molto contemporaneo, una comicità intelligente, tagliente, sapida, perfida, davvero newyorkese, alleniana, verrebbe da dire, diverte, conquista, convince, ha una bella confezione e funziona da qualunque angolo lo si osservi: le frecciate della protagonista - una fresca vedova attempata, stando ai canoni dell’epoca, in realtà la splendida Kate Beckinsale di cui sopra, indigente e con amante e figlia in età da marito a carico (ma lei stessa per prima non cessa un attimo di far impazzire tutti, con aria da finta ingenua, passando come ospite da una magione di famiglia all’altra) – sono poi letteralmente imperdibili. Spera che l’ennesimo attacco di gotta del marito della sua più cara amica e complice gli sia fedele, anche se l’errore in realtà è della sua sodale, perché, testuale, se l’è sposato troppo vecchio per essere manovrato e troppo giovane per morire: questo tanto per dirne qualcuna... Nel cast Stephen Fry, Xavier Samuel, Chloë Sevigny e Jemma Redgrave (nipote di cotanta zia, Vanessa).
Erminio Fischetti
Amore e inganni
Love & Friendship
Regia: Whit Stillman
Interpreti: Kate Beckinsale, Stephen Fry, Xavier Samuel, Chloë Sevigny, Jemma Redgrave
Produzione: UK, 2016
Durata: 92’
Distribuzione: Academy Two, 1° dicembre 2016
Voto: 3,5/5
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