Ci sono film che restano nel cuore per la loro semplicità, onestà, correttezza, bellezza, complessità, capacità di raccontare con delicatezza, garbo, intelligenza, profondità ed emozione i sentimenti. La mia vita da Zucchina, candidato svizzero, straordinario a dirsi, come miglior film straniero per la notte degli Oscar del 2017, avrà probabilmente più possibilità di rientrare comunque invece in una cinquina, ma quella dei film d’animazione. Nei suoi sessantasei minuti dimostra di essere un capolavoro assoluto nel raccontare, grazie alla scrittura formidabile di Céline Sciamma, l’infanzia abbandonata e la violenza proprio come, se non addirittura molto meglio, nelle sceneggiature precedenti della stessa autrice, realizzate per film di fiction e non certo in stop-motion, nelle quali l’adolescenza e la fatica del crescere sono sempre stati i cardini della narrazione, vedasi per esempio il bellissimo Quando hai 17 anni di Andrè Téchiné o, ancor prima, Diamante nero, di cui la Sciamma è anche regista. Zucchina è il soprannome di Icare, un bambino che per sbaglio ha compiuto un gesto le cui conseguenze renderanno la sua esistenza già difficile ancora più complicata, e che lo condurranno a vivere all’interno di una casa-famiglia, dove incontrerà altri suoi coetanei come lui alla disperata ricerca dell’affetto vero, sincero e soprattutto duraturo da parte di un adulto. Per quanto non sempre siano solo i genitori ad abbandonare i figli, anzi… L’animazione di stampo francese, decisamente diversa da quella di origine e ispirazione americana, tocca un nuovo vertice di grazia e bellezza. Una pellicola che fa capire quanto sia necessario restare, rimanere, perseverare, continuare nell’amore, per il cinema e non solo.
Erminio Fischetti
La mia vita da Zucchina
Ma vie de Courgette
Regia: Claude Barras
Produzione: Svizzera, Francia, 2016
Durata: 66’
Distribuzione: Teodora, 1° dicembre 2016
Voto: 4/5