La
pensione da vent’anni e un loden grigio. Il traffico di Firenze non lo
sopporti, che mica è come il rumore della fabbrica, quello in confronto era
musica per le orecchie, la colonna sonora di una vita che magari poteva andarti
anche peggio. Eppure una volta eri un cavallino, sempre dritto e mezzo defilato
su quel paio di gambe secche e col sorrisone dentato che piaceva tanto a Lei. Adriana,
signora dei cappelli e della promessa di Germania, che il tedesco alla fine non
lo hai mai imparato, tu apprendista operaio che chiedi permesso, cosa ne vuoi
sapere dei desideri di una femmina. Per il mesiversario ti sei presentato con
un pacco tutto ciancicato e un ventilatore alla moda. Ottima fattura, per
carità. Peccato che una donna pratica e bella non sa che farsene, tentata com’è
di tirartelo appresso in cambio di un gradito brillocco. Ma non sarà il caso di
essere eccessivi adesso, può sempre far comodo e poi Lei deve amarti davvero,
ti ha scelto che era ancora una ragazzina.
Malinconico
e bello, Lo stesso vento racconta il coraggio di essere imperfetti, nell’eterno
presente della fanciullezza o della mancanza di audacia. Aiolli non condanna,
segue e osserva. Pallido e assorto, attraversa il tempo liquido del ricordo e
delle ammissioni impossibili e illumina da dentro, sommando di venti in venti,
storie, volti, luoghi e passioni, mentre la guerra lampo scuote gli animi, e
più in avanti imperversa il ’68 e crolla il Muro di Berlino. Bracciate
indietro, a ripescare nel passato, attorciglia le esistenze e le convoca al
tavolo di un mercatino delle cose vecchie in una mattina di fine secolo.
La
Storia, passata al setaccio della lente individuale, è il verso puro del
disincanto soggettivo, e si frantuma nelle sorti disgraziate di un manipolo di rifugiati
dell’esistenza che vivono nell’impasse, sul pelo della solitudine eppur tra le
gente, in mezzo alle cose che hanno fatto la vita, nutrita com’è dagli oggetti
di cui non sappiamo separarci. Individui lasciati liberi di essere se stessi
sul fil rouge di un ventilatore di ferro a soffiarci in faccia l’immortalità e
la bonaccia di un romanticismo andato a male. Laddove il vento politico sbuffa
sui decenni faccetta nera e di altre arie, folate di articoli di giornale dal
fondo in su e musi incagliati sulla lotta di classe, l’amore si rintana,
sottobraccio a baciarsi negli androni, stropicciato tra le lenzuola, taciuto
che si vergogna.
Nel flusso
levigato e intimista della scrittura, lutti, rimorsi e vuoti d’aria, viali di
periferia, gallerie d’arte e interni mare verde pisello, persiane chiuse per
sempre, un matrimonio che naufraga in una tazza di tè. Il miracolo dei grandi
magazzini e la pace di chi dentro la propria battaglia ci è quasi morto. Fausto
passeggia malsicuro con ago e filo, piano, e avanti e indietro, perde il
centro, vorrebbe dire Io. Non ci riesce, ma lo sentiamo, tra le pieghe della
terza persona e della memoria che gli stringe la gola. Zitto, occhi che non
sognano, eppure grida fortissimo. Fausto il moderato, quello senza amici. E non
si è mai fatto un regalo a Natale.
Erika Di Giulio
Erika Di Giulio
Lo stesso vento
Autore: Valerio Aiolli
Edizioni: Voland, 2016
Pagine: 154
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