Il tempo fa il suo mestiere, spazio Novecento

Un calesse manovrato con poca cura scalpita indomito attraversando le campagne rumene di inizio secolo. Sara è ancora e solo un’adolescente ostile e irrequieta. Non sa bene cos’è l’amore quando incontra Giuseppe quel giorno di febbraio. Sa di desiderare la libertà e di essere la quinta femmina, sesta in ordine di nascita, dei quindici figli di Mosè e Malca Rosenberg, di appartenere a una famiglia ebrea di etnia tedesca, benestante e fortunata nel commercio dei tessuti e di non essere come la sorella Rebecca, più grande e giudiziosa, sistemata con quello giusto. Di memoria classica e biblica insieme, fragilissima e tutta d’un pezzo, è l’Antigone furente della legge del padre, per la legge del cuore. Sara e un corpo troppo importante, e una passione di mattina, fatale, all’improvviso. Sara e la maledizione di un parto gemellare e di una maternità precoce e imperfetta, che non sarà mai più tutta sua. Ha infranto le regole, e poi, è per il suo bene.

Il focolare domestico tiene assieme e ricompatta. Silenzi, rivelazioni, tentativi di riscatto. Un ordito a riparare e un ritratto di famiglia che è velluto e seta insieme, segreti e vecchi merletti, non detto che sbotta torrenziale sulla pagina, sacra rappresentazione. Densamente popolato e simbolico, di pezze strappate dalla parte del cuore e di codici, silenzi, maniere, cose da maschi. Affresco intimo e travolgente di cerimonie e affanni, grida da reprimere e pasticci da seppellire, Il tempo fa il suo mestiere è la narrazione epica e dolorosa di un gigantesco misfatto della coscienza, di un peccato originale,  laddove il gancio della memoria storica si sfalda nelle dense e sofferte declinazioni di quella individuale. Memoria esule, colpevole, disgraziata, dedalo patrilineare in cui il movimento della diaspora (che è anche esistenziale, di sentimenti e di intenzioni), impregna forma e sostanza stessa del romanzo, nel segno universale della redenzione e della vergogna, dei linguaggi che si mescolano, delle fedi che (si) accendono.
Nella generosa e accurata incubazione, attraverso le generazioni, castrate dall’impossibilità di esporsi, di indignarsi, di esprimere profondamente se stesse, Mariastella Eisenberg, signora padrona della narrazione, di mamma napoletana e padre ebreo di etnia tedesca, ci dice con pazienza e devozione di una guerra dei cent’anni del cuore e delle ragioni private. Gli anni e i segreti addosso, mentre il tempo passa e fa il suo lavoro. Le maglie del racconto stringono e distanziano luoghi e momenti, indugiano per allentare e tornano vive, in un dialogo incessante e prezioso tra prosa e documento, incrociati a mestiere con garbo e prontezza, nel complicato e infattibile processo di rimozione.

Romanzo storico, epistolare, di denuncia, dall’infinita ricchezza descrittiva, la saga dei Rosenberg attraversa robusta e ben caratterizzata una parabola che si snoda tra la Romania di inizio Novecento, l’Italia degli anni Cinquanta, e la Gerusalemme dei giorni nostri, dove la trama tende e finalmente si riposa.
Un esercito di dannati senza terra avanza errante sul nastro che scorre e comprime tutto. A guardarsi vivere nelle vite degli altri, castigati tra la difficoltà di volgersi indietro e l’impossibilità di guardare avanti. Nella dissoluzione delle identità e nel dramma della sopravvivenza, la maternità è abortita, negata, e la donna che è tante donne e che non vorrebbe rassegnarsi al proprio ruolo di moglie e madre, resiste, dà il passo, e ci perde quasi il senno.

Erika Di Giulio


Il tempo fa il suo mestiere
Autrice: Mariastella Eisenberg
Casa Editrice: Edizioni Spartaco, 2016
Pagine: 287

Successivo
« Precedente
Precedente
Successivo »