Woody Allen torna al cinema, come ogni anno, con un nuovo film. È ormai risaputo che abbia perso il suo smalto dei tempi che furono, quelli di Io & Annie, Manhattan, Crimini e misfatti, ma l’impronta si riconosce sempre anche quando le opere sono più deboli, come quelle degli ultimi anni. Certo, qualche clamorosa caduta si è palesata: pensiamo a To Rome with Love. Ma si sa che Woody quando non gira a New York non è che si senta proprio a suo agio. Café society, nelle sale dal 29 settembre, mentre il 30 Amazon Studios distribuirà la prima serie del grande autore interamente scritta e diretta da lui, dove è anche protagonista, Crisis in Six Scenes, già alla base di numerose polemiche, si rivela invece un’opera garbata, costruita in modo preciso e soprattutto con dialoghi scoppiettanti perfettamente in linea alla verve di Woody Allen, che mette in scena le idiosincrasie di un giovane ragazzo ebreo newyorkese che dalla New York degli anni successivi alla Grande Depressione si trasferisce nella Hollywood della Golden Age per lavorare per lo zio produttore. Qui si innamora di una giovane impiegata che però ha il cuore impegnato, ma ben presto capirà che la vita nella città degli angeli non fa per lui e che gli mancano la Grande Mela, i suoi ambienti, la sua sporcizia, i suoi rumori e forse nemmeno quella è la donna che fa per lui… Chissà!
Allen cita il mondo di Hollywood con grazia ed eleganza, soprattutto merito della scenografia del sempre fido Santo Loquasto e del leggendario direttore della fotografia Vittorio Storaro. Ci si immerge perfettamente quindi nell’armonia di quei tempi e di quegli spazi, dove vengono citate attrici come Barbara Stanwyck e Irene Dunne, sui cui personaggi in qualche modo vengono costruite le figura delle due eroine femminili di Café society che circolano intorno al protagonista (che quello è però Allen sputato, come al solito, e non un attore degli anni Trenta), la ragazza che viene dalla provincia che si è fatta da sola e fa perdere la testa agli uomini e la sofisticata e alla moda donna dell’alta società. Purtroppo il contraltare contemporaneo che impersona questa tipologia di personaggi sono Kristen Stewart e Blake Lively. Anche se forse il “purtroppo” vale soprattutto per la prima, incapace di costruire la figura di una giovane donna che non sia un’adolescente contemporanea che si innamora di vampiri, occhio sempre a mezz’asta e troppi movimenti facciali rendono la sua prova abbastanza fastidiosa nell’economia del film, mentre la Lively riesce a essere dignitosa come personaggio decorativo, e comunque paragonarla alla Dunne resta alquanto difficile. Jesse Eisenberg invece costruisce un personaggio che è la quintessenza dell’alter ego alleniano in un film dove non manca la citazione di un cinema e dei vari “temi caldi” dell’epoca nel settore: la scalata sociale, la figura del gangster, della donna fatale, lo sfondo dei night club. Grazioso.
Erminio Fischetti
Café society
Regia: Woody Allen
Interpreti: Jesse Eisenberg, Kristen Stewart, Steve Carell, Blake Lively,
Corey Stoll, Sheryl Lee, Jeannie Berlin, Anna Camp
Corey Stoll, Sheryl Lee, Jeannie Berlin, Anna Camp
Produzione: USA, 2016
Durata: 96’
Distribuzione italiana: Warner Bors., 29 settembre 2016
Voto: 2,5/5
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