C’è una Sora Rosa in ogni quartiere di Roma. È impossibile non averla incontrata almeno una volta. Magari invece di fare punture ripara orli. O impasta fettuccine. Tu cercala, e vedrai che la trovi.
Stefano al Pigneto ci nasce e ci vive per un po’, fino ad essere quasi un ragazzetto. Oggi in mezzo a quella via che dà il nome al quartiere si serve l'apericena, i lavatoi li chiamano attici e gli stanzoni sono diventati loft di architetti e stilisti del capello radicale. Ma una volta, negli anni ’70, era diverso. Una volta c’era la mignotta macchiata di caffè che aspettava il tram alle sette di mattina (diceva lei) e il bar Necci pareva più che altro un ritrovo puzzoso per tabagisti incalliti. E allora ti vergognavi di dire che venivi da lì, pure se, a pensarci bene, della schiera hipster col risvoltino e il ciuffo lucidato, forse è meglio la mignotta attempata, con la sottana ciancicata. Almeno quella non te le mandava a dire. Era vera, e sospirava di vero.
È il tempo dell’enciclopedia a rate, di mamma che sposta i mobili per ballare al tuo compleanno, dei calzoni alla zuava che ce l’hanno pure i principi d’Inghilterra, che ne sapete voi. Gli anni del cinema Aquila prima della chiusura eterna, dell’impiccio futurista in tangenziale. Stracciaroli, arrotini, cassamortari. E l’amico Chicco che se ne vola in cielo senza neanche salutare. Tuttalpiù un nascondino e una coppa del nonno (che quanto gli hai voluto bene a quello lo sai soltanto tu). Ci pensa la strada a farti stare al mondo e te ne vai sempre un po’giù, a capire com'è, che tanto a religione non lo sanno manco loro. E si sbrigassero pure questi con la legge sul divorzio che il tigrotto Sandocan deve riscattare la donna sua, già disgraziatamente maritata, che l’ha fatto padre.
Nell'imperfezione vernacolare di modi e parole, dei monosillabi tronchi buoni per tutte le occasioni, ovunque è ferro e piuma. Scortesia e mani grandi, cuore in fiamme, accento che sbarella, solidarietà, caciara. Tutto in uno. Che a complicarsi la vita è un attimo e il romano barcolla ma non molla. I comici al solito hanno occhi grandi e anima pure. Anima grossa che è animaccia e animella insieme, sbrindellata, torturata, glorificata. Purissimi osservatori del reale, elaborano messaggi per direttissima. E Roma è screanzata, città immensa che non finisce mai e fa buche da tutte le parti. Roma passione, tanta. Il calcio, la politica, le donne. Potere operaio sui muri e vicino al citofono. Per amore la gente s’è rovinata e sono sempre impicci. E mentre Fischietto s’ammazza due volte al mese, muore Pasolini, anzi lo fanno secco come un cane, rapiscono Moro, passa l’aborto, chiudono i manicomi e tu preghi di non incontrare mai l'omonero e tessi lodi sempreverdi a pasta e fagioli.
Vigilante racconta l’umanità disordinata ma autentica che si azzuffa dal medico della mutua, una galleria smandrappata di volti e anime in purezza, che svampano di vita reale vissuta sulla porta, al limitare delle serrande alzate e abbassate. Memorie storiche liberate si accavallano caotiche e ancora tutte vive. Al Pigneto delle baracche, che odora sempre di mercato pure quando i banchi hanno chiuso, parli con le mani, con la bocca, con le braccia e con tutto il corpo e allora di colpo è teatro, con tempi comici impeccabili.
Nella verace mappatura del territorio, Vigilante scherza sui sofismi del linguaggio e i fanatismi della realtà atteggiona, che si dà arie parlando inglese, analizzando nell'evoluzione dei tempi e dei codici la fase di transizione di un’ex borgata, con una storia abitata anche da criminali, ladri, pazzi. Un’isola (non più) periferica attratta dai modi del centro, oggi luogo di continua integrazione popolare in cui, mescolata ai parvenus e ai radical chic di sottospecie reazionaria, è ancora possibile incontrare, alla luce del giorno, un’umanità reduce e popolare sempre pronta al dialogo, che alla morte di fame e di fede ha contrapposto una genuina resistenza. Che non siamo turisti, noi qui ci viviamo. E allora lunga vita a quei racconti da portarci in tasca, quelli che non stanno mai fermi. Evviva i Little Walter, che sullo scaffale si cappottano, ma hanno una ruga underground da far paura.
Erika Di Giulio
Romanacci tua!
Autore: Stefano Vigilante
Casa editrice: ‘round midnight edizioni
Pagine: 91
Stefano al Pigneto ci nasce e ci vive per un po’, fino ad essere quasi un ragazzetto. Oggi in mezzo a quella via che dà il nome al quartiere si serve l'apericena, i lavatoi li chiamano attici e gli stanzoni sono diventati loft di architetti e stilisti del capello radicale. Ma una volta, negli anni ’70, era diverso. Una volta c’era la mignotta macchiata di caffè che aspettava il tram alle sette di mattina (diceva lei) e il bar Necci pareva più che altro un ritrovo puzzoso per tabagisti incalliti. E allora ti vergognavi di dire che venivi da lì, pure se, a pensarci bene, della schiera hipster col risvoltino e il ciuffo lucidato, forse è meglio la mignotta attempata, con la sottana ciancicata. Almeno quella non te le mandava a dire. Era vera, e sospirava di vero.
È il tempo dell’enciclopedia a rate, di mamma che sposta i mobili per ballare al tuo compleanno, dei calzoni alla zuava che ce l’hanno pure i principi d’Inghilterra, che ne sapete voi. Gli anni del cinema Aquila prima della chiusura eterna, dell’impiccio futurista in tangenziale. Stracciaroli, arrotini, cassamortari. E l’amico Chicco che se ne vola in cielo senza neanche salutare. Tuttalpiù un nascondino e una coppa del nonno (che quanto gli hai voluto bene a quello lo sai soltanto tu). Ci pensa la strada a farti stare al mondo e te ne vai sempre un po’giù, a capire com'è, che tanto a religione non lo sanno manco loro. E si sbrigassero pure questi con la legge sul divorzio che il tigrotto Sandocan deve riscattare la donna sua, già disgraziatamente maritata, che l’ha fatto padre.
Nell'imperfezione vernacolare di modi e parole, dei monosillabi tronchi buoni per tutte le occasioni, ovunque è ferro e piuma. Scortesia e mani grandi, cuore in fiamme, accento che sbarella, solidarietà, caciara. Tutto in uno. Che a complicarsi la vita è un attimo e il romano barcolla ma non molla. I comici al solito hanno occhi grandi e anima pure. Anima grossa che è animaccia e animella insieme, sbrindellata, torturata, glorificata. Purissimi osservatori del reale, elaborano messaggi per direttissima. E Roma è screanzata, città immensa che non finisce mai e fa buche da tutte le parti. Roma passione, tanta. Il calcio, la politica, le donne. Potere operaio sui muri e vicino al citofono. Per amore la gente s’è rovinata e sono sempre impicci. E mentre Fischietto s’ammazza due volte al mese, muore Pasolini, anzi lo fanno secco come un cane, rapiscono Moro, passa l’aborto, chiudono i manicomi e tu preghi di non incontrare mai l'omonero e tessi lodi sempreverdi a pasta e fagioli.
Vigilante racconta l’umanità disordinata ma autentica che si azzuffa dal medico della mutua, una galleria smandrappata di volti e anime in purezza, che svampano di vita reale vissuta sulla porta, al limitare delle serrande alzate e abbassate. Memorie storiche liberate si accavallano caotiche e ancora tutte vive. Al Pigneto delle baracche, che odora sempre di mercato pure quando i banchi hanno chiuso, parli con le mani, con la bocca, con le braccia e con tutto il corpo e allora di colpo è teatro, con tempi comici impeccabili.
Nella verace mappatura del territorio, Vigilante scherza sui sofismi del linguaggio e i fanatismi della realtà atteggiona, che si dà arie parlando inglese, analizzando nell'evoluzione dei tempi e dei codici la fase di transizione di un’ex borgata, con una storia abitata anche da criminali, ladri, pazzi. Un’isola (non più) periferica attratta dai modi del centro, oggi luogo di continua integrazione popolare in cui, mescolata ai parvenus e ai radical chic di sottospecie reazionaria, è ancora possibile incontrare, alla luce del giorno, un’umanità reduce e popolare sempre pronta al dialogo, che alla morte di fame e di fede ha contrapposto una genuina resistenza. Che non siamo turisti, noi qui ci viviamo. E allora lunga vita a quei racconti da portarci in tasca, quelli che non stanno mai fermi. Evviva i Little Walter, che sullo scaffale si cappottano, ma hanno una ruga underground da far paura.
Erika Di Giulio
Romanacci tua!
Autore: Stefano Vigilante
Casa editrice: ‘round midnight edizioni
Pagine: 91