Una volta nella vita di Marie-Castille Mention-Schaar

Ci sono storie che devono essere raccontate. Ci sono film che potrebbero apparire retorici a leggerne la sinossi. Ma non lo sono affatto. Come Una volta nella vita, che però ha un unico grande difetto: il titolo italiano, specialmente se paragonato a quello originale Les Héritiers, letteralmente gli eredi. E l’intero film è tutto giocato su questa parola. Gli eredi. Di cosa? Del passato. Della storia. La nostra. Di tutti noi. La II A del liceo Léon Blum è la peggiore della scuola. I suoi insegnanti non ottengono risultati di alcun genere. Gli studenti sono indisciplinati, svogliati, incapaci della minima attenzione. I ragazzi appartengono spesso a famiglie disfunzionali, poco attente, la classe è composta da un forte multiculturalismo, diverse origini e diverse religioni. Ma la coordinatrice, nonché l’insegnante di geografia, storia e storia dell’arte, la signora Guegen, decide che la II A deve partecipare ad un concorso sull’Olocausto dal titolo I bambini e gli adolescenti nel sistema dei campi di concentramento nazisti. Tutto questo pian piano porta i suoi studenti ad una maggiore coesione ed un migliore rapporto di integrazione e di studio. La storia è vera, basata sul soggetto del giovane Ahmed Dramé, che è anche uno dei ragazzi interpreti protagonisti, Malik, che è proprio un adolescente interessato al cinema. Và da sé che Malik altri non è che lo stesso Ahmed che fu uno dei partecipanti a quel concorso, nel liceo Léon Blum, un nome non casuale, considerato l’argomento. Un liceo della periferia parigina. Complesso. Difficile. Una scuola pubblica. Laica. Come si capisce dalla scena di apertura della pellicola, che è uno scontro tra libertà di espressione e laicità. Ma la vita, come ben sappiamo, può essere alle volte più sfumata. La regista affronta l’argomento con un taglio molto sobrio ma al tempo stesso onesto, l’unica qualità possibile per una pellicola che unisce insieme così tante problematiche importanti della società contemporanea. Perché gli eredi del titolo sono coloro hanno ricevuto in consegna un passato spesso terribile, come nel caso dell’Olocausto. Un passato che deve essere sempre conosciuto dai posteri. Un film di straordinaria eleganza e semplicità, asciutto fino ai limiti dell’immaginabile, che mai sale in cattedra, a cominciare dalla sua insegnante che sottolinea, come le immagini abbiano da sempre fatto riferimento a messaggi propagandistici e religiosi con i quali tocca fare i conti e saper trovare, attraverso di loro, il senso critico, della cui mancanza vengono generalmente accusate, da quelle più vecchie, le giovani generazioni. E qui si concentra un altro snodo fondamentale di quest’opera di rara efficacia: di chi è la responsabilità di questa mancanza? A chi imputare la colpa, se di colpa si tratta? Tutto questo e tanto altro racconta Una volta nella vita, che tocca le corde delle emozioni con intelligenza. Un’opera con degli straordinari interpreti, a cominciare dalla preziosa e deliziosa Ariane Ascaride, nelle vesti dell’insegnante, e dal già citato Ahmed Dramé, candidato ai Cesar come miglior attore promessa. E lo è. Come la maggior parte dei suoi giovani colleghi. Un film necessario. Necessariamente da far vedere a tutte le generazioni.

Erminio Fischetti



Una volta nella vita
Les Héritiers
Regia: Marie-Castille Mention-Schaar
Interpreti: Ariane Ascaride, Ahmed Dramé, Noémie Merlant, Geneviève Mnich
Produzione: Francia, 2014
Durata: 105’
Distribuzione: Parthénos/Lucky Red, 27 gennaio 2016
Voto: 3 e mezzo/5
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