Joy di David O. Russell

The Fighter, Il lato positivo e American Hustle sono stati un successo di critica e di pubblico. Forse troppo. Anche perché, diciamola tutta, sono pellicole garbate prive di troppi guizzi: il primo è un film sulla boxe ben fatto, il secondo una commedia piacevole e il terzo una crime comedy un po’ noiosetta. Stavolta David O. Russell, artefice delle tre pellicole sopra menzionate, torna ai toni sopra le righe e farseschi che hanno accompagnato le precedenti regie con tema la famiglia disfunzionale: Amori e disastri e I Heart Huckabees – Le strane coincidenze della vita. Nel bene e nel male, Joy, che trae liberamente ispirazione dalla vita di Joy Mangano, la donna che inventò un mocio per pulire il pavimento che può anche essere lavato in lavatrice, è una commedia tout-court che si incentra sulle dinamiche folli di una famiglia a dir poco sopra le righe: la povera Joy è divorziata, vive nella casa della nonna ovviamente con lei, saggia e affettuosa, che la sprona a inseguire i propri sogni, i due figli, la madre che guarda solo soap opera di bassa qualità, l’ex marito e il padre, divorziato dalla madre, che vivono nel seminterrato. Deve badare a tutto e tutti perché tutti sembrano incapaci di saper fare qualcosa. Un giorno inventa l’oggetto che le cambierà la vita, ma per raggiungere il successo la giovane deve superare tante vie impervie, passando attraverso una ricca e folle compagna del padre, che le finanzia il progetto, salvo comportarsi per tutto il tempo come una sciroccata bipolare, una sorellastra cattivissima, un padre che non la difende mai e un ex-marito che non è del tutto sciocco, ma non sa imporsi quando ha ragione. La pellicola di Russell ha delle idee a tratti molto interessanti, per come ricostruisce una certa cultura pop, per come ironizza sul mondo delle televendite, attraverso cotonature di capelli e abiti improbabili, per come mette in scena il lento e inesorabile involgarimento storico-sociale, per come utilizza certe caratteriste del calibro di Diane Ladd e Virginia Madsen, mentre meno riusciti sembrano essere sia il ruolo che la prova di Isabella Rossellini. Ci sono poi i maschi, che si trascinano senza infamia e senza lode pur essendo nomi altisonanti, forse perché sono proprio loro ad apparire molto più sobri (Robert De Niro, Edgar Ramirez e Bradley Cooper), si fa per dire. E poi c’è lei, Jennifer Lawrence, che regge e gestisce, come il suo personaggio fa con la vita vera, tutto il film, portando a casa non solo un terzo Golden Globe (e dopo aver rubato l’Oscar a Emmanuelle Riva per l’indimenticabile Amour con Il lato positivo, scippa il Golden Globe a due veterane come Maggie Smith e Lily Tomlin) a soli venticinque anni, ma soprattutto la prova di essere una buona attrice. Ed è la cosa migliore che a David O. Russell per questo film potesse capitare, perché sembra non essercisi impegnato molto, lo ha scritto e realizzato molto in fretta, o semplicemente sembra averlo fatto per puro gioco. Comunque, a suo modo, Joy è opera interessante.

Erminio Fischetti




Joy
Regia: David O. Russell
Interpreti: Jennifer Lawrence, Robert De Niro, Bradley Cooper, Edgar Ramirez, Isabella Rossellini, Virginia Madsen
Produzione: USA, 2015
Durata: 120’
Distribuzione: 20th Century Fox, 28 gennaio 2016
Voto: 3/5
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