Creed - Nato per combattere di Ryan Coogler

È tornato Rocky Balboa. Ad allenare il figlio di Apollo Creed. Il figlio illegittimo, nato qualche mese dopo la morte del padre, che è stato preso in casa dalla vedova tradita di Apollo. E questo è poetico. Struggente. Una grande azione di amore di una moglie superiore. Peccato che lei sembri essersi dimenticata dei due figli avuti dal marito. Quantomeno il film non ne fa menzione. Ma la poesia non si concentra solo in quest’azione straordinaria che fa da incipit alla pellicola dell’ottima promessa registica Ryan Coogler, classe 1986, già molto apprezzato dalla critica con Prossima fermata Fruitvale Station, e che di quel film riutilizza lo stesso protagonista, l’ormai affermata promessa Michael B. Jordan, che in questo caso regala una prova fisica e psicologica asciutta e calzante. La pellicola, così come è girata, è un omaggio al primo film della saga risalente al 1976, Rocky. E Balboa ha preso col giovane Adonis il ruolo del vecchio Mickey. Lo allena nello stesso modo, con la stessa forza e determinazione. Certo, un po’ il ragazzo ha dovuto convincerlo. Vuole farcela da solo e perciò prende il cognome della madre, Johnson, lasciando indietro il più ingombrante Creed. Ma il sangue non è acqua e il ragazzo deve combattere anche per dimostrare che quel padre che non ha mai conosciuto possa essere orgoglioso di lui. Dall’altra parte c’è Rocky, ormai solo, senza le persone che lo hanno sempre supportato, la moglie Adrian (nel doppiaggio storico ovviamente diventata Adriana), l’amico di una vita Paulie, Mickey. Con il figlio Robert non ha più contatti. È da qualche parte a Vancouver. 

Creed è una spanna superiore a tutti i film che hanno fatto seguito all’originale pellicola di quarant’anni fa e si colloca subito dopo quella nel raccontare con la forza del cinema la lotta attraverso la boxe. Il personaggio del celebre pugile ormai ritiratosi, a tutti gli effetti l’alter ego di Stallone (non si sa ormai se è più Rocky ad essere Stallone o Stallone ad essere Rocky, paiono ormai totalmente confondibili), qui nel suo malinconico declino di uomo ormai arrivato all’ultima fase della vita trova una nuova linfa di racconto e una nuova grinta attoriale da parte del suo interprete, a un passo dal compiere settant’anni, che è perfetto nel costruire la sua dimensione, forse proprio perché ha talmente interiorizzato Rocky che l’ha fatto completamente suo (e nonostante le punture di botulino), tanto che il Golden Globe vinto, che quasi certamente lo porterà, se non alla vittoria, quantomeno alla candidatura all’Oscar come miglior attore non protagonista, per una volta non ha troppo il sapore di un premio alla carriera mascherato. D’altronde, lui è Sly, e nel bene e nel male ha rappresentato una certa Hollywood negli ultimi quarant’anni, dal primo Rocky per l’appunto, che lui stesso si inventò e di cui scrisse la sceneggiatura. Creed, quindi, è bello, molto, oltre due ore che non si sentono affatto. È ottimamente montato, ovviamente nelle sequenze dei combattimenti, e trova il giusto equilibrio fra il presente e il passato dei due protagonisti. Ci ricorda non solo tanto cinema di boxe a cui fa naturalmente riferimento, ma quel glorioso periodo della migliore Hollywood che ha imperversato negli anni Settanta e quel film tanto commerciale e popolare quale è Rocky, che strappò quell’anno l’Oscar come miglior film, con grande disappunto dei cultori, a Tutti gli uomini del presidente, Taxi driver, Quinto potere e il più dimenticato Questa terra è la mia terra. Quando i film erano estremamente maschili. Quando il cinema si concentrava tantissimo sui protagonisti. Maschi o femmine che fossero.

Erminio Fischetti



Creed – Nato per combattere
Creed
Regia: Ryan Coogler
Interpreti: Michael B. Jordan, Sylvester Stallone, Tessa Thompson, Phylicia Rashad, Andre Ward, Tony Bellew
Produzione: USA, 2015
Durata: 132’
Distribuzione: Warner Bros. Pictures, 14 gennaio 2016
Voto: 3,5/5
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