Nel 2001 un gruppo di giornalisti del Boston Globe lavorò per lungo tempo per
mettere in luce (da qui il titolo Spotlight)
i casi di pedofilia che coinvolgevano molte parrocchie cattoliche di Boston nei
decenni precedenti. La loro inchiesta è stata quella che scoperto il
coinvolgimento dell’arcivescovo di Boston Bernard Law, che ha insabbiato negli
anni i casi in questione. Queste terribili vicende sono state l’oggetto di
oltre 600 articoli da parte del quotidiano, che per questa ragione vinse nel 2003
il premio Pulitzer per pubblico servizio da parte di un giornale di carta
stampata. Costretto a dimettersi da arcivescovo della diocesi bostoniana, nel
2004 Bernard Law però nel frattempo è stato nominato arciprete della basilica
di Santa Maria Maggiore a Roma, e nel 2011 ha avuto la menzione di arciprete
emerito. Sull’inchiesta sulla quale verte il film di Tom McCarthy è stata
realizzata, in seguito allo scandalo nel 2005, anche una pellicola televisiva, Our Fathers, di Dan Curtis, dove era
Christopher Plummer a rivestire il ruolo di Law. Il tema è pertanto ormai noto
attraverso il mondo mediatico, che ha a lungo fatto discutere e generato anche
diversi servizi documentaristici, il più popolare dei quali è quello di Alex
Gibney, Mea Maxima Culpa: Silenzio nella
casa di Dio. Il lavoro di McCarthy si concentra prevalentemente sulle
ricerche svolte dalla redazione del Boston
Globe, che hanno portato allo scandalo e al complesso meccanismo di
insabbiamento della chiesa cattolica, dal gradino più basso a quello più alto
della scala gerarchica. Il valore cinematografico di questo film è tutto nella
corrispondenza e nel rispetto del mestiere dei suoi protagonisti. Ed infatti Spotlight è quel che potrebbe essere
definito un film “giornalistico” proprio per il rigore di scrittura, che mai
per un momento vira verso il sentimentalismo o più in generale verso la sfera
emozionale. Eppure i sentimenti (di rabbia, disgusto e commozione) questo film
li scatena ad un livello più profondo, più complesso. Spotlight è un’opera che semplicemente ricostruisce i fatti
accaduti con grande professionalità artistica e tecnica. Tutti fanno il loro
lavoro come è richiesto: dalla regia alla sceneggiatura, al montaggio, passando
per l’intero cast corale, dove spiccano Michael Keaton e Mark Ruffalo più degli
altri, ma non perché sono più bravi, semplicemente perché compaiono un po’ di
più. Perché bravi lo sono davvero tutti, più o meno in egual misura. Tutta
questa linearità così non è assolutamente un demerito del film, ma anzi la sua
forza maggiore perché racconta con grande fermezza e un rigore – si passi il
termine religioso – calvinista (in antitesi però per posizione geografica
e dogmi). Pertanto Spotlight è un’opera che compie, come i giornalisti del Boston Globe, un lavoro di pubblico servizio
spiegando in poco più di due ore una delle vicende più buie della Chiesa
cattolica e raccontando dell’ultimo colpo di coda di un giornalismo di vecchia
scuola ormai in estinzione. Non a caso la vicenda si svolge a cavallo dei fatti
dell’11 settembre. Quando il mondo, in un modo o nell’altro, è cambiato.
Erminio Fischetti
Spotlight
Regia: Tom
McCarthy
Interpreti: Mark
Ruffalo, Michael Keaton, Rachel McAdams, Liev Schreiber, John Slattery, Brian
d’Arcy James, Stanley Tucci, Jamey Sheridan, Billy Crudop, Len Cariou
Produzione: USA, 2015
Durata: 128’
Distribuzione italiana: Bim, 18 febbraio
2016
Voto: 4,5/5