Il ponte delle spie di Steven Spielberg

Con il suo ormai noto tono apologetico, Steven Spielberg dimostra che i credi politici non portano a nulla, ma anzi distruggono tutto quello che c’è attorno ad essi. E ci insegna che storicamente l’errore è sempre lo stesso.
Il ponte delle spie del titolo fa riferimento a un ponte che un tempo collegava la Berlino Est alla Berlino Ovest, denominato Ponte di Glienicke. Su quel ponte sono spesso avvenuti scambi di prigionieri fra le due superpotenze durante gli anni terribili della Guerra Fredda tra USA e URSS. Il film di Spielberg racconta di un episodio realmente accaduto fra la fine degli anni Cinquanta e il 1961. Protagonista è l’avvocato James Donovan, che nel 1957 difese negli Stati Uniti Rudolf Abel, un uomo di mezz’età condannato a trent’anni di carcere per essere una spia del sistema sovietico. Successivamente un pilota statunitense, Francis Gary Powers, il cui aereo viene abbattuto nei cieli dell’Unione Sovietica, verrà arrestato, condannato e torturato dalla potenza avversaria. Nel frattempo uno studente americano di economia di Yale, Frederic Pryor, viene arrestato nella Germania Est dove si trovava per prepara la tesi. La CIA così affida a Donovan il compito di effettuare lo scambio di prigionieri…

Come chiude i film Spielberg pochi altri ci riescono. Da perfetto regista hollywoodiano non lascia nulla in sospeso e soprattutto non si rivela mai ambiguo attraverso una sempre chiara matrice su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. E questo film, che racconta una storia vera, ci riesce ancor più di altri. La lezione, lo sappiamo bene, è quella del cinema classico americano. In questo caso il regista premio Oscar mette in scena una storia sui meccanismi contorti e assurdi della Guerra Fredda, il panico nel quale viveva la popolazione americana, che credeva sarebbe stata attaccata da un momento all’altro, cosa che poi non avvenne, almeno fino al 2001. Ma quella è tutta un’altra storia. E lo sappiamo bene. Nella sua precisione maniacale pertanto Spielberg divide nettamente il film in due parti, la prima nella quale vengono declinate le contraddizioni e le ipocrisie del sistema politico e legale occidentale raccontando dell’arresto e del processo di Abel, mentre nella seconda sottolinea la farraginosità del sistema comunista. Ovviamente i valori americani, come sempre, dominano, ma quel che viene fuori sono le ossessioni e i sospetti che si generano da ambo le parti. Per quanto il punto di vista narrativo sia ovviamente estremamente occidentale, con un protagonista da American Way of Life, rappresentato dal personaggio di Donovan, che come viene ampiamente sottolineato è un self made man, figlio di genitori irlandesi immigrati, figura amplificata dalla rappresentazione stessa del suo interprete, Tom Hanks, da sempre rappresentante per questa generazione della figura dell’uomo buono e giusto che era stata ad esempio tipica nel cinema classico di James Stewart, Gregory Peck o Henry Fonda. L’America è la terra delle speranze e della giustizia, dove anche ad una spia è concesso un processo equo – dal punto di vista di Donovan, che andrà contro tutto e tutti pur di svolgere al meglio il suo lavoro. Non dimentichiamo che quelli sono gli anni selvaggi del maccartismo più becero e terribile, che ridusse sul lastrico famiglie intere e creò un mare problemi, incriminò anche chi solo veniva sospettato di comunismo, anche per calunnia. Tutto questo si legge fra le righe, ma è molto chiaro (per veder raccontato il maccartismo dovremo invece aspettare a inizio 2016 l’uscita di Trumbo, con Bryan Cranston, sulla figura del noto sceneggiatore messo al bando dal sistema McCarthy, morto proprio nell’anno in cui la storia di Spielberg prende piede). Il cinema americano ha la meglio e Spielberg dirige come dirige Spielberg, e quindi Il ponte delle spie è una pellicola divulgativa, ben fatta, ben scritta, ben recitata (Mark Rylance nelle vesti di Rudolf Abel è una spanna sopra a tutti), piacevole e interessante. È cinema, fatto bene. Professionale. Non lo è invece il doppiaggio della versione italiana, che propone i soliti cliché razzisti sugli accenti stranieri.

Erminio Fischetti





Il ponte delle spie
The Bridge of Spies
Regia: Steven Spielberg
Interpreti: Tom Hanks, Mark Rylance, Amy Ryan, Alan Alda, Austin Stowell, Scott Shepherd, Jesse Plemons, Domenick Lombardozzi, Sebastian Koch, Eve Hewson, Will Rogers
Produzione: USA, 2015
Durata: 141’
Distribuzione: 20th Century Fox, 16 dicembre 2015
Voto: 3,5/5
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