Dietrich Bruggemann ha realizzato un film di straordinari richiami cinematografici alle opere di Bergman e Dreyer. Non solo per il rigore stilistico che predilige dei lunghi piani sequenza che in alcuni momenti sembrano dei veri e propri tableau vivant, ma soprattutto per la storia. Religione, sofferenza, amore si mescolano nel tripudio di un racconto che ha a tratti del paradossale, ma invece purtroppo può accadere. La vicenda di una ragazzina, Maria, nella prima fase adolescenziale, che è estremamente religiosa a causa dell’influenza di una madre che pratica un cattolicesimo integralista (dove la messa va ascoltata persino in latino, quando il Concilio Vaticano II l’ha abolita da oltre cinquant’anni), che è cattiva, dispotica, che fondamentalmente non è una madre, e di un padre che sembra un perfetto imbecille.
C’è un ragazzino, Christian, che le piace e vorrebbe andare a cantare con lui nel coro della sua parrocchia, ma ovviamente la musica che canta è considerata satanica. Parimenti la ragazza vuole consegnare la sua vita a Dio perché il fratellino di quattro anni non ha ancora parlato e spera, pensa, crede che così lui possa cominciare a farlo. Questo solo attraverso il sacrificio estremo. Il suo.
Ci sono degli elementi narrativi di straordinario impatto in questa pellicola, che fa riferimento agli elementi base della comunione, ai cardini della dottrina. E il film è suddiviso in quattordici inquadrature fisse, quattordici come le stazioni della via Crucis (di norma, benché non sempre, c’è anche una quindicesima, quella della resurrezione, qui eliminata per un ovvio motivo). La pellicola è estremamente laica nella sua essenza, nel suo elemento di fondo, nel suo finale, dove per la prima volta la macchina si apre allo spazio, prima angusto, soffocante, e si alza, con inquadratura dallalto, dal cielo verso la terra, proprio per sottolineare ulteriormente la funzione del tutto umana, carnale e terrena dell’esistenza (non possiamo descriverlo troppo per evitare sgradevoli anticipazioni) nella quale si segue il cammino del piccolo innamorato. Un gesto, delicato, sincero, tenero, onesto. L’unico di un film assolutamente meraviglioso, soffocante, doloroso, che racconta la sofferenza di una giovanissima donna plagiata dal male, dal diavolo, dalla parte peggiore di un credo che dovrebbe costruire, non distruggere, confortare, non terrorizzare, amare, non odiare, portare alla vita, non alla morte. Ha vinto il premio per la migliore sceneggiatura al Festival di Berlino e se lo è meritato tutto.
Erminio Fischetti
Kreuzweg – Le stazioni della fede
Regia: Dietrich Bruggemann
Interpreti: Lea van Acken, Franziska Weisz, Florian Stetter, Lucie Aron
Produzione: Germania, 2015
Durata: 107’
Distribuzione italiana: Satine, 29 ottobre 2015
C’è un ragazzino, Christian, che le piace e vorrebbe andare a cantare con lui nel coro della sua parrocchia, ma ovviamente la musica che canta è considerata satanica. Parimenti la ragazza vuole consegnare la sua vita a Dio perché il fratellino di quattro anni non ha ancora parlato e spera, pensa, crede che così lui possa cominciare a farlo. Questo solo attraverso il sacrificio estremo. Il suo.
Ci sono degli elementi narrativi di straordinario impatto in questa pellicola, che fa riferimento agli elementi base della comunione, ai cardini della dottrina. E il film è suddiviso in quattordici inquadrature fisse, quattordici come le stazioni della via Crucis (di norma, benché non sempre, c’è anche una quindicesima, quella della resurrezione, qui eliminata per un ovvio motivo). La pellicola è estremamente laica nella sua essenza, nel suo elemento di fondo, nel suo finale, dove per la prima volta la macchina si apre allo spazio, prima angusto, soffocante, e si alza, con inquadratura dallalto, dal cielo verso la terra, proprio per sottolineare ulteriormente la funzione del tutto umana, carnale e terrena dell’esistenza (non possiamo descriverlo troppo per evitare sgradevoli anticipazioni) nella quale si segue il cammino del piccolo innamorato. Un gesto, delicato, sincero, tenero, onesto. L’unico di un film assolutamente meraviglioso, soffocante, doloroso, che racconta la sofferenza di una giovanissima donna plagiata dal male, dal diavolo, dalla parte peggiore di un credo che dovrebbe costruire, non distruggere, confortare, non terrorizzare, amare, non odiare, portare alla vita, non alla morte. Ha vinto il premio per la migliore sceneggiatura al Festival di Berlino e se lo è meritato tutto.
Erminio Fischetti
Kreuzweg – Le stazioni della fede
Regia: Dietrich Bruggemann
Interpreti: Lea van Acken, Franziska Weisz, Florian Stetter, Lucie Aron
Produzione: Germania, 2015
Durata: 107’
Distribuzione italiana: Satine, 29 ottobre 2015