IvanCotroneo colpisce sempre. Insieme agli stessi sceneggiatori di Tutti pazzi per amore (e lo stesso regista) ha proposto due anni fa un’altra storia familiare, ed ora siamo alla terza serie, con la parola famiglia persino nel titolo. Tra una e l’altra, poi, abbiamo seguito Questo nostro amore: un’altra famiglia ancora, anzi due, la prima del Nord e la seconda del Sud, negli anni del boom economico fino ai ‘70, che inevitabilmente si scontrano, con tutti i pregiudizi del caso, per poi incontrarsi. In Una grande famiglia verrebbe da dire che anche i ricchi piangono e quando piangono lo fanno davvero, e che quando muoiono, muoiono davvero. Se non che Edo (Alessandro Gassman) il primogenito dei Rengoni, scomparso nella prima puntata, già nella seconda rivela in qualche modo la sua presenza e sul giallo della sua morte inscenata si costruisce tutta la vicenda della prima serie; i misteri della sua scomparsa, una volta tornato, sono il filo conduttore della seconda.
In Tutti pazzi per amore, Michele (Neri Marcorè) scapolo irriducibile, proprio nel momento in cui si innamora e aspetta un figlio, muore; ma lo ritroviamo poi in una sorta di buffo Paradiso dal quale segue appassionatamente la vita della sua donna e degli amici rimasti quaggiù a complicarsi l’esistenza. La diagnosi di leucemia di Paolo (Emilio Solfrizzi) dura un giorno soltanto, quanto basta per assaporare ancor più la quotidianità, mentre in Una grande famiglia l’ictus del capostipite Ernesto è l’antefatto reale e drammatico dei cambiamenti (economici, relazionali, emozionali) della famiglia tutta. Insomma, regista e sceneggiatori qui si sfidano in una prova che tocca tutti i sentimenti della famiglia italiana, senza il paradosso umoristico che ha fatto la fortuna della loro prima fiction. Non importa se qui c’è un patrimonio da difendere, che la maggior parte di noi può solo sognare, perché evidentemente il pubblico ha apprezzato alla stessa maniera vicenda ed interpreti.
Nel cast, oltre ad Alessandro Gassman, ci sono Stefania Sandrelli e Stefania Rocca, Sonia Bergamasco, Gianni Cavina, Sarah Felberbaum e Piera degli Esposti ed ora compare anche Isabella Ferrari. Insomma, bravi attori in una lavorazione che non ha badato a spese: frequenti gli esterni di Milano, Pavia, Bergamo, oltre agli interni raffinati. Non si sono risparmiate neanche le situazioni difficili: rapporti tesi tra suocera e nuora, relazioni clandestine, adolescenze spinose, rivalità tra fratelli, difficoltà nel lavoro, e le inadeguatezze alla vita, rese da Stefania Rocca (la moglie di Edo), impacciata, persa quando guida l’automobile, e quando non sa proprio trovare un ruolo in questa grande famiglia, che nega solo a lei il calore di cui è capace. Ma solo nella prima serie, perché nella seconda si rifà ed ora la vediamo in un ruolo prestigioso all’interno della fabbrica; una fabbrica che è anche lei "una grande famiglia" (magari, fosse vero!).
A compensare gli inciampi dell’esistenza: affetti sinceri, complicità, legame solido tra i genitori, voglia di ricominciare e di capire le ragioni dell’altro, di ricostruire sulle macerie. I lati oscuri però, sembrano a tratti più forti di quelli positivi, prima che le nebbie si dipanino, ma mai del tutto, alla fine della seconda serie. Eppure, o forse proprio per questo, l’inizio della terza è stato atteso con piacere (ed ora ci troviamo alle prese con figli segreti e un Edoardo ancora latitante, che dà segni di sé, a scompaginare gli equilibri). Forse per il godimento particolare nel seguire le disgrazie altrui, l’identificazione che diventerà catarsi e che funziona sempre, dal teatro greco in poi.
Proprio questi sono i meriti di Una grande famiglia: non voler a tutti i costi proporci qualcosa di nuovo, ma giocare con un genere noto, costruito onestamente, e con una buona dose di professionalità.
Margherita Fratantonio