Abbiamo incontrato al trentunesimo Torino Film Festival il co-regista di Temporary Road - (Una) Vita di Franco Battiato Giuseppe Pollicelli. Ci ha parlato del film, della sua condizione di artista e di interessanti progetti futuri.
Com’è nata questa lunga conversazione con Franco Battiato?
Nel 2009, per conto di una rivista che oggi non esiste più e che si chiamava “Musica leggera”, ho avuto la possibilità di intervistare Battiato nella sua casa milanese. Si è trattato di un’intervista complessivamente breve, 45 minuti in tutto, al termine della quale, parendomi che tra me e lui si fosse creato un buon feeling, ho chiesto timidamente a Franco se sarebbe stato disponibile ad appoggiare il progetto di un documentario su di lui, idea che con Mario Tani (essendo entrambi grandissimi estimatori di Battiato) cullavamo da molto tempo.
Franco, con mia piacevole sorpresa, si è subito dimostrato disponibile. Ma non solo nei confronti del progetto, in generale verso la mia persona. Per questo mi diverto sempre a ripetere che da allora benedico la fisiognomica: è sicuramente sulla base di un’attenta osservazione del sottoscritto che Battiato, il quale, com’è noto, della fisiognomica è un cultore, tanto da averle dedicato uno dei suoi album più belli, ha deciso (spero senza essersene mai pentito) che poteva fidarsi di me. Ponendo oltretutto le basi per quella che in seguito sarebbe divenuta una vera e propria amicizia.
Cosa vi ha portato alla realizzazione di un lungometraggio proprio sulla vita di Franco Battiato?
Le ragioni che ho detto prima. Conosco Mario Tani, che è uno dei miei migliori amici, dal 2002, e insieme abbiamo realizzato (con me nelle vesti di attore, poiché alla mia prevalente attività di giornalista e operatore editoriale affianco da sempre quella recitativa) diversi cortometraggi. Uno dei nostri riti consiste nell’assistere ai concerti di Battiato: ne avremo visti, negli ultimi dieci anni, una buona quindicina. E non siamo mai stanchi. Alla luce di ciò, era quasi un fatto naturale che desiderassimo entrambi creare qualcosa di valido su Battiato a livello audiovisivo. Anche perché nessuno lo aveva ancora fatto. E meno male, mi viene da dire oggi, perché ciò ha fatto sì che si trattasse anche per Franco di un’esperienza nuova e stimolante.
C’è un aspetto di Battiato sul quale avete deciso di focalizzarvi con maggiore attenzione?
In un primo momento, ragionando da fan, meditavo di realizzare un prodotto che, tra le altre cose, svelasse finalmente qualche lato “segreto” della vita di Battiato. Per fare ciò avevo pensato di intervistare alcune delle persone che hanno condiviso lunghi tratti della carriera di Franco e, addirittura, qualche suo familiare. Presto, però, mi sono reso conto, anche parlandone direttamente con Battiato, che non era la direzione giusta. E infatti chi si aspettasse dal film aneddoti o dietro le quinte “frivoli” resterebbe deluso. Il documentario va in tutt’altra direzione, nel senso che, per rispondere alla domanda, è un film interamente centrato sul percorso artistico e umano compiuto da una persona, per l’appunto Franco Battiato. A un certo momento, d’altra parte, mi sono reso conto che non c’è nulla di segreto da portare alla luce, nella sua vita. E non perché si tratti di una vita piatta, tutt’altro, ma perché ciò che “non si vede” attiene all’interiorità di Franco ed è riconducibile a un ambito squisitamente spirituale. Sono, peraltro, aspetti della sua esistenza di cui Battiato non ha alcuna remora a parlare. Direi, anzi, che gli sta a cuore parlare soprattutto di questi, nella speranza che, ascoltandolo, qualcun altro si senta stimolato a intraprendere un serio percorso di conoscenza di sé.
Nelle sale italiane un solo giorno, l’11 dicembre. Vi sono dei motivi dietro questa decisione? Ed è prevista l’uscita di un cofanetto?
Quella delle uscite in sala per un solo giorno è una tendenza che negli ultimi tempi si sta consolidando e di cui la società di distribuzione di “Temporary Road”, la Nexo Digital di Milano, è stata in Italia la pioniera. L’obiettivo è quello di creare, similmente a ciò che accade con un concerto dal vivo, un vero e proprio evento che convogli su un’unica data, o due al massimo, tutti coloro che a quell’evento sono interessati, evitando le dispersioni causate da teniture troppo lunghe che nessuna sala cinematografica si può più permettere. Non sappiamo che accoglienza riceverà il nostro film ma devo dire che siamo tutti abbastanza fiduciosi. E nei prossimi mesi, se sarà possibile, ci farebbe piacere far uscire anche un dvd, da arricchire magari con un po’ di extra interessanti.
È difficile essere un artista oggi in Italia?
Questo bisognerebbe chiederlo innanzi tutto a Battiato. Per lui non credo lo sia particolarmente, visto l’interesse, l’affetto e la gratitudine da cui è circondato. Ma il suo è un caso molto particolare. In generale, credo sia più difficile di quanto non lo fosse qualche tempo fa, a causa di una situazione economica sfavorevole i cui effetti, in ambiti come quelli della cultura e dello spettacolo, si fanno sentire in modo pesante.
Prossimi progetti? Magari la biografia di un altro cantautore italiano?
Sto ragionando, con Mario Tani (che oltre a essere un regista è il titolare della MAC Film, la società che ha prodotto Temporary Road) e due bravissime giornaliste d’inchiesta, Simona Zecchi e Martina Di Matteo, sul progetto di un documentario intorno all’assassinio di Pier Paolo Pasolini. È un lavoro a cui tengo molto ma che non è semplicissimo da portare avanti. Vedremo. Se son rose fioriranno, come suol dirsi.
Nel panorama musicale italiano di oggi è possibile trovare l’erede di Battiato?
Penso che un artista del suo valore e del suo genio non potrà mai avere, e per fortuna, un erede in senso stretto. Sarebbe un po’ come aspettarsi, che so, l’erede di Federico Fellini o di Andrea Pazienza. Certo non si può non rilevare, e con dispiacere, che il carisma e la capacità di incidere sulla vita sociale e intellettuale del Paese che sono propri di alcuni musicisti pop ormai anagraficamente maturi, da Battiato a De Gregori, da Guccini allo stesso Vasco Rossi, non trovano riscontro in nessun artista delle generazioni successive. Ma forse è solo una questione di tempo. Qualcosa dovrà pur accadere, e qualcun altro riuscirà a imporsi, prima o poi, con eguale forza pur nel contesto di un’industria culturale totalmente mutata (complessivamente non certo in meglio) rispetto agli anni in cui si sono affermati i “mostri sacri” che ho citato poco fa.
Intervista esclusiva di
Giuseppina Genovese
Com’è nata questa lunga conversazione con Franco Battiato?
Nel 2009, per conto di una rivista che oggi non esiste più e che si chiamava “Musica leggera”, ho avuto la possibilità di intervistare Battiato nella sua casa milanese. Si è trattato di un’intervista complessivamente breve, 45 minuti in tutto, al termine della quale, parendomi che tra me e lui si fosse creato un buon feeling, ho chiesto timidamente a Franco se sarebbe stato disponibile ad appoggiare il progetto di un documentario su di lui, idea che con Mario Tani (essendo entrambi grandissimi estimatori di Battiato) cullavamo da molto tempo.
Franco, con mia piacevole sorpresa, si è subito dimostrato disponibile. Ma non solo nei confronti del progetto, in generale verso la mia persona. Per questo mi diverto sempre a ripetere che da allora benedico la fisiognomica: è sicuramente sulla base di un’attenta osservazione del sottoscritto che Battiato, il quale, com’è noto, della fisiognomica è un cultore, tanto da averle dedicato uno dei suoi album più belli, ha deciso (spero senza essersene mai pentito) che poteva fidarsi di me. Ponendo oltretutto le basi per quella che in seguito sarebbe divenuta una vera e propria amicizia.
Cosa vi ha portato alla realizzazione di un lungometraggio proprio sulla vita di Franco Battiato?
Le ragioni che ho detto prima. Conosco Mario Tani, che è uno dei miei migliori amici, dal 2002, e insieme abbiamo realizzato (con me nelle vesti di attore, poiché alla mia prevalente attività di giornalista e operatore editoriale affianco da sempre quella recitativa) diversi cortometraggi. Uno dei nostri riti consiste nell’assistere ai concerti di Battiato: ne avremo visti, negli ultimi dieci anni, una buona quindicina. E non siamo mai stanchi. Alla luce di ciò, era quasi un fatto naturale che desiderassimo entrambi creare qualcosa di valido su Battiato a livello audiovisivo. Anche perché nessuno lo aveva ancora fatto. E meno male, mi viene da dire oggi, perché ciò ha fatto sì che si trattasse anche per Franco di un’esperienza nuova e stimolante.
In un primo momento, ragionando da fan, meditavo di realizzare un prodotto che, tra le altre cose, svelasse finalmente qualche lato “segreto” della vita di Battiato. Per fare ciò avevo pensato di intervistare alcune delle persone che hanno condiviso lunghi tratti della carriera di Franco e, addirittura, qualche suo familiare. Presto, però, mi sono reso conto, anche parlandone direttamente con Battiato, che non era la direzione giusta. E infatti chi si aspettasse dal film aneddoti o dietro le quinte “frivoli” resterebbe deluso. Il documentario va in tutt’altra direzione, nel senso che, per rispondere alla domanda, è un film interamente centrato sul percorso artistico e umano compiuto da una persona, per l’appunto Franco Battiato. A un certo momento, d’altra parte, mi sono reso conto che non c’è nulla di segreto da portare alla luce, nella sua vita. E non perché si tratti di una vita piatta, tutt’altro, ma perché ciò che “non si vede” attiene all’interiorità di Franco ed è riconducibile a un ambito squisitamente spirituale. Sono, peraltro, aspetti della sua esistenza di cui Battiato non ha alcuna remora a parlare. Direi, anzi, che gli sta a cuore parlare soprattutto di questi, nella speranza che, ascoltandolo, qualcun altro si senta stimolato a intraprendere un serio percorso di conoscenza di sé.
Nelle sale italiane un solo giorno, l’11 dicembre. Vi sono dei motivi dietro questa decisione? Ed è prevista l’uscita di un cofanetto?
Quella delle uscite in sala per un solo giorno è una tendenza che negli ultimi tempi si sta consolidando e di cui la società di distribuzione di “Temporary Road”, la Nexo Digital di Milano, è stata in Italia la pioniera. L’obiettivo è quello di creare, similmente a ciò che accade con un concerto dal vivo, un vero e proprio evento che convogli su un’unica data, o due al massimo, tutti coloro che a quell’evento sono interessati, evitando le dispersioni causate da teniture troppo lunghe che nessuna sala cinematografica si può più permettere. Non sappiamo che accoglienza riceverà il nostro film ma devo dire che siamo tutti abbastanza fiduciosi. E nei prossimi mesi, se sarà possibile, ci farebbe piacere far uscire anche un dvd, da arricchire magari con un po’ di extra interessanti.
È difficile essere un artista oggi in Italia?
Questo bisognerebbe chiederlo innanzi tutto a Battiato. Per lui non credo lo sia particolarmente, visto l’interesse, l’affetto e la gratitudine da cui è circondato. Ma il suo è un caso molto particolare. In generale, credo sia più difficile di quanto non lo fosse qualche tempo fa, a causa di una situazione economica sfavorevole i cui effetti, in ambiti come quelli della cultura e dello spettacolo, si fanno sentire in modo pesante.
Prossimi progetti? Magari la biografia di un altro cantautore italiano?
Sto ragionando, con Mario Tani (che oltre a essere un regista è il titolare della MAC Film, la società che ha prodotto Temporary Road) e due bravissime giornaliste d’inchiesta, Simona Zecchi e Martina Di Matteo, sul progetto di un documentario intorno all’assassinio di Pier Paolo Pasolini. È un lavoro a cui tengo molto ma che non è semplicissimo da portare avanti. Vedremo. Se son rose fioriranno, come suol dirsi.
Nel panorama musicale italiano di oggi è possibile trovare l’erede di Battiato?
Penso che un artista del suo valore e del suo genio non potrà mai avere, e per fortuna, un erede in senso stretto. Sarebbe un po’ come aspettarsi, che so, l’erede di Federico Fellini o di Andrea Pazienza. Certo non si può non rilevare, e con dispiacere, che il carisma e la capacità di incidere sulla vita sociale e intellettuale del Paese che sono propri di alcuni musicisti pop ormai anagraficamente maturi, da Battiato a De Gregori, da Guccini allo stesso Vasco Rossi, non trovano riscontro in nessun artista delle generazioni successive. Ma forse è solo una questione di tempo. Qualcosa dovrà pur accadere, e qualcun altro riuscirà a imporsi, prima o poi, con eguale forza pur nel contesto di un’industria culturale totalmente mutata (complessivamente non certo in meglio) rispetto agli anni in cui si sono affermati i “mostri sacri” che ho citato poco fa.
Intervista esclusiva di
Giuseppina Genovese