Rosarno è un po’ la parabola di tutti i mali d’Italia: intervista esclusiva a Greta De Lazzaris

Crocevia di miserie, di povertà e di abbandoni. Crocevia di anime diverse ma uguali, distanti ma vicine. Luogo di incontri che diventano scontri e scontri che diventano incontri. Luogo dove non sai più chi è l’immigrato e il cittadino. Lo sfruttato e lo sfruttatore. La Rosarno di Greta De Lazzaris è la fotografia di tante vite accumunate da una sofferenza rassegnata o da una rassegnazione sofferente. Immagini, frammenti, squarci, visioni di un luogo che potrebbe essere ovunque. Rosarno è il punto più basso di una crisi economico-sociale che sembra non aver più fine. Crisi che ha portato l’immigrato a morire, soffrire, ammalarsi nel luogo che doveva essere salvifico.
Rosarno è la parabola discendente di chi vede perdute le speranze in quella che doveva essere la terra della speranza. E poi ci sono loro. I rosarnesi. Li distinguiamo dagli stranieri dal dialetto calabrese, il resto è tutto uguale. Stesso degrado, stesso abbandono, stessa solitudine. Stessa mensa dei poveri e stessa Caritas. Quotidianità che si ripete, miserie che si accumulano, mentre le distinzioni di razza vanno sempre più assottigliandosi. La guerra dei poveri è in atto. Nessuno ne uscirà vincitore. Rosarno è la terra dei vinti. Rosarno è tutta l’Italia. Quell’Italia che non vuol più vincere.

Possiamo parlare di denuncia sommersa in Rosarno?
Se c'è è senz’altro involontaria. Il mio non vuol essere un documentario dal taglio giornalistico, ma ho voluto offrire una visione di insieme.






Se non fosse per l’accento calabrese o perché a un certo punto si sente udire il nome della cittadina, difficilmente si capirebbe dov’è ambientato il documentario. Rosarno si potrebbe trovare ovunque...
Esatto. Il mio intento infatti era proprio quello di offrire un’osservazione globale sulla povertà. Volgere uno sguardo sulle difficoltà che trovano gli immigrati una volta arrivati in Italia, luogo che dovrebbe essere per loro migliore. Si parla tanto di accoglienza, invece vi sono solo tante contraddizioni che portano a una guerra tra poveri. Volevo raccontare come volessero condividere questa miserie e quali potessero essere i loro punti di incontro. Questi saranno gli aiuti quotidiani della Caritas.

Per tutta la durata del documentario è palpabile una sensazione totale di abbandono da parte delle istituzioni...
Sono completamente in balìa di se stessi. Le istituzioni non esistono. Ho assistito a scene desolanti, alcune non le ho riprese per preservare la loro dignità. Ho visto immigrati raccolti dalla polizia, medicati e poi riportati nei posti abbandonati dove erano stati ritrovati. Poi c’è la storia del bambino, picchiato dal padre che trova ospitalità dal pastore. Nessun altro ha fatto niente per lui.

Perché hai scelto proprio Rosarno?
La situazione in questa cittadina mi aveva scioccato particolarmente. Non c’è niente, nemmeno un minimo di igiene. Condizioni davvero mai viste prima. È un mondo nascosto, ignorato dai media, dalle tv locali. E poi per la gravissima sensazione di omertà che c’è in Calabria più che in ogni altra regione. Rosarno rimane comunque la parabola dei mali, di tutti i mali d’Italia. Da nord a sud.

Giuseppina Genovese




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