Il film di Cristian Vincent, Le saveur du palais, è uscito il 7 marzo con una distribuzione Lucky Red. Il fulcro della storia è la cucina, Hortense Laborie (Catherine Frot) è una cuoca di talento che vive nel Périgord, regione nel sud della Francia rinomata per il suo pâté de foie gras. Il Presidente della repubblica la convoca a Palazzo e le dà l’incarico di occuparsi personalmente dei suoi pasti. Hortense entra all’Eliseo con la sua cucina, dove tutto è frutto di un accurata ricerca fatta di genuinità e sapori, in poco tempo sedurrà il presidente con le sue ricette. Ma la vita della cuoca a palazzo non sarà affatto facile, molte sono le insidie e i giochi che si nascondono nelle stanze del potere.
Il film, un autentica esplosione di sapori, divertente, ironico e irriverente, ci lascia con un buon sapore in bocca, frutto di una pellicola ben girata e di attori di tutto rispetto. La storia è vera, nata da un ispirazione del regista, che dopo aver letto un articolo su Le Monde in cui si parlava di Daniéle Delpeuch cuoca per un periodo all’Eliseo, al servizio di Mitterand. Hortense arriva a Palazzo con idee ben chiare sulla cucina, piatti semplici ma con ingredienti di livello alto, lei vuole imporre un suo stile fatto di sapori di odori che ricordino i piatti del passato, la buona cucina di famiglia. Le sue idee saranno contrastate, sia perché fino ad allora tutti i prodotti venivano direttamente acquistati dalla cucina centrale, sia perché un eccellenza di prodotti richiede costi proibitivi. Inoltre ci sarà un team di dietologi che vorrà metterle i bastoni tra le ruote, imponendole menù scialbi degni di pasti ospedalieri, a cui lei si ribellerà. Il film non pone l’accento sulle diete e calorie, ma si parla del cibo che è fonte e sale della vita, è quel piccolo rito giornaliero che da gioia di vivere contrariamente a quanto ci viene propinato giornalmente dai media, che continuano un costante martellamento sulle diete favorendo distrurbi alimentari tra i giovani. Ma le sue difficoltà non finiscono qui, Hortense non sa niente delle ferree regole che vigono all’Eliseo, è come un elefante impazzito fra i cristalli, questo le creerà ulteriori difficoltà. L’autenticità della sua cucina scatenerà molti contrasti con la cucina centrale, che si arroga il diritto di prelazione nella scelta dei menù.
Nella pellicola prevale a tratti il maschilismo: gli chef che lavorano nelle cucine centrali, danno poco valore all’arte gastronomica di Hortence e si arrogano la supremazia culinaria. Tutta l’etichetta a cui deve sottostare, sarà un peso eccessivo per una donna forte ma allo stesso tempo fragile, che mal si adatta a tutte queste convenzioni, il suo carattere non docile la porterà spesso a forti scontri. A palazzo non c’è tempo per le chiacchiere, tutto è frenetico ma la cuoca un giorno riuscirà a parlare con il presidente e sarà un dialogo basato sulla cucina, di cui il presidente è un cultore. La sua filosofia appassionerà a tal punto il presidente, che tralascerà gli impegni di Stato e si divertirà a duettare con lei parlando di piatti genuini, di sapori antichi. Jean D’Ormesson, impersona il presidente con grande maestria, la sua figura è l’immagine della longevità, della pacatezza, è un uomo semplice che in Hortense e nella sua cucina si riconosce.
La cucina della chef lo intriga, tutti i piatti raccontano una storia di famiglia, non sono le grandi portate complicate della cucina francese ma sono i buoni piatti di un pranzo familiare della domenica.
La fotografia è molto importante nel film, infatti le belle porzioni decorate riescono a coinvolgere a tal punto lo spettatore da avere l’acquolina in bocca. Catherine Frot, una splendida Hortense, dura ma allo stesso tempo appassionata, riesce a farci fare una full immersion nel mondo culinario. Ma Hortense è anche malinconica, è una donna lacerata da un mondo che va scomparendo e uno nuovo che incalza.
Se ci aspettavamo di vedere lotte interne per il potere all’interno del Palazzo quelle non ci sono, il regista tralascia l’aspetto litigioso nè punta sulla figura femminile oppressa, ma con un tocco di classe ci mostra la vera personalità della cuoca solo quando è ai fornelli, è li che prende vita, nei suoi piatti c’è il suo vero io, lei si esprime solo attraverso la sua cucina. Quando va a cucinare nell’Antartide, è rude, brutale sembra che non voglia contatti con l’esterno, il suo mondo è racchiuso nella cucina, ma nella cena finale, tra i sapori dei piatti e l’amicizia che le dimostrano i commensali Hortense mostrerà la sua tenerezza e la sua fragilità di donna, cadrà ogni maschera. La durezza è la sua coperta di Linus, che la porta avere un distacco dagli altri, di lei non sappiamo nulla, la sua vita familiare non compare, il regista dà al personaggio un alone di mistero, non facendo alcun discorso introspettivo. Ci sono tutti gli ingredienti di una deliziosa commedia, dove i francesi sono maestri e prevale equilibrio e garbo, durante tutta la proiezione si ha una sensazione di dolcezza. Quello che Christian Vincent mette sullo schermo non è una storia politica, ma una commedia leggera, dolce come il suo Saint Honoré, adatta a un pubblico di tutte le età, molto godibile.
Adele de Blasi
La cuoca del presidente
Le saveur du palais
Regia: Christian Vincent
Cast: Catherine Frot, Hippolyte Girardot, Jean d'Ormesson,
Arthur Dupont, Brice Fournier
Genere: Biografico
Produzione: Francia 2012
Durata: 95 min.
Uscita: 07/03/2013
Voto: 4/5
Il film, un autentica esplosione di sapori, divertente, ironico e irriverente, ci lascia con un buon sapore in bocca, frutto di una pellicola ben girata e di attori di tutto rispetto. La storia è vera, nata da un ispirazione del regista, che dopo aver letto un articolo su Le Monde in cui si parlava di Daniéle Delpeuch cuoca per un periodo all’Eliseo, al servizio di Mitterand. Hortense arriva a Palazzo con idee ben chiare sulla cucina, piatti semplici ma con ingredienti di livello alto, lei vuole imporre un suo stile fatto di sapori di odori che ricordino i piatti del passato, la buona cucina di famiglia. Le sue idee saranno contrastate, sia perché fino ad allora tutti i prodotti venivano direttamente acquistati dalla cucina centrale, sia perché un eccellenza di prodotti richiede costi proibitivi. Inoltre ci sarà un team di dietologi che vorrà metterle i bastoni tra le ruote, imponendole menù scialbi degni di pasti ospedalieri, a cui lei si ribellerà. Il film non pone l’accento sulle diete e calorie, ma si parla del cibo che è fonte e sale della vita, è quel piccolo rito giornaliero che da gioia di vivere contrariamente a quanto ci viene propinato giornalmente dai media, che continuano un costante martellamento sulle diete favorendo distrurbi alimentari tra i giovani. Ma le sue difficoltà non finiscono qui, Hortense non sa niente delle ferree regole che vigono all’Eliseo, è come un elefante impazzito fra i cristalli, questo le creerà ulteriori difficoltà. L’autenticità della sua cucina scatenerà molti contrasti con la cucina centrale, che si arroga il diritto di prelazione nella scelta dei menù.
Nella pellicola prevale a tratti il maschilismo: gli chef che lavorano nelle cucine centrali, danno poco valore all’arte gastronomica di Hortence e si arrogano la supremazia culinaria. Tutta l’etichetta a cui deve sottostare, sarà un peso eccessivo per una donna forte ma allo stesso tempo fragile, che mal si adatta a tutte queste convenzioni, il suo carattere non docile la porterà spesso a forti scontri. A palazzo non c’è tempo per le chiacchiere, tutto è frenetico ma la cuoca un giorno riuscirà a parlare con il presidente e sarà un dialogo basato sulla cucina, di cui il presidente è un cultore. La sua filosofia appassionerà a tal punto il presidente, che tralascerà gli impegni di Stato e si divertirà a duettare con lei parlando di piatti genuini, di sapori antichi. Jean D’Ormesson, impersona il presidente con grande maestria, la sua figura è l’immagine della longevità, della pacatezza, è un uomo semplice che in Hortense e nella sua cucina si riconosce.
La cucina della chef lo intriga, tutti i piatti raccontano una storia di famiglia, non sono le grandi portate complicate della cucina francese ma sono i buoni piatti di un pranzo familiare della domenica.
La fotografia è molto importante nel film, infatti le belle porzioni decorate riescono a coinvolgere a tal punto lo spettatore da avere l’acquolina in bocca. Catherine Frot, una splendida Hortense, dura ma allo stesso tempo appassionata, riesce a farci fare una full immersion nel mondo culinario. Ma Hortense è anche malinconica, è una donna lacerata da un mondo che va scomparendo e uno nuovo che incalza.
Se ci aspettavamo di vedere lotte interne per il potere all’interno del Palazzo quelle non ci sono, il regista tralascia l’aspetto litigioso nè punta sulla figura femminile oppressa, ma con un tocco di classe ci mostra la vera personalità della cuoca solo quando è ai fornelli, è li che prende vita, nei suoi piatti c’è il suo vero io, lei si esprime solo attraverso la sua cucina. Quando va a cucinare nell’Antartide, è rude, brutale sembra che non voglia contatti con l’esterno, il suo mondo è racchiuso nella cucina, ma nella cena finale, tra i sapori dei piatti e l’amicizia che le dimostrano i commensali Hortense mostrerà la sua tenerezza e la sua fragilità di donna, cadrà ogni maschera. La durezza è la sua coperta di Linus, che la porta avere un distacco dagli altri, di lei non sappiamo nulla, la sua vita familiare non compare, il regista dà al personaggio un alone di mistero, non facendo alcun discorso introspettivo. Ci sono tutti gli ingredienti di una deliziosa commedia, dove i francesi sono maestri e prevale equilibrio e garbo, durante tutta la proiezione si ha una sensazione di dolcezza. Quello che Christian Vincent mette sullo schermo non è una storia politica, ma una commedia leggera, dolce come il suo Saint Honoré, adatta a un pubblico di tutte le età, molto godibile.
Adele de Blasi
La cuoca del presidente
Le saveur du palais
Regia: Christian Vincent
Cast: Catherine Frot, Hippolyte Girardot, Jean d'Ormesson,
Arthur Dupont, Brice Fournier
Genere: Biografico
Produzione: Francia 2012
Durata: 95 min.
Uscita: 07/03/2013
Voto: 4/5