Calabria, terra inesplorata dal Cinema e ricca di contraddizioni. Monumento del Malpaese dove tutto gira al contrario, tranne una cosa: la ‘ndrangheta. Ed è qui nella punta dello Stivale che la giovane cineasta Alice Rohrwacher ha deciso di ambientare la sua opera prima, Corpo Celeste (2011). Un film denso e pieno di pathos, un tuffo nelle mille sfaccettature di una regione bella e dannata. Dove la tredicenne Marta (una bravissima Yle Vianello), nata in Svizzera da madre italiana (Anita Caprioli), viene catapultata all’improvviso.
Subito si confronta con un mondo sconosciuto, diviso tra ansia di consumismo e rudimenti arcaici. Il microcosmo dentro cui inizia ad esplorare la nuova terra è un corso di preparazione alla cresima.
Si imbatte così nella chiesa e nelle sue incongruenze, le sue ambiguità, i suoi lati oscuri. La parrocchia della periferia di Reggio Calabria come schermo di un’Italia corrotta e priva di valori, dove anche il parroco (Salvatore Cantalupo) procaccia i voti per un notabile di turno, per ingraziarsi il vescovo in vista di una sua promozione futura. La chiesa tuttavia rimane uno dei pochi luoghi comunitari dove evadere dall’anonimato e dove la piccola Marta ha modo di confrontarsi, parlare, giocare, conoscere e conoscersi. Fuori c’è l’oscena quotidianità della speculazione edilizia, delle fiumane inquinate, delle discariche fai da te, dello scempio urbanistico. Paradossalmente gli unici barlumi di vita vera scorrono lungo i tornanti dell’Aspromonte, verso il paesino fantasma in cui il parroco va a prelevare l’antico crocifisso. In quelle case diroccate, in quegli anfratti di un’esistenza abbandonata, Marta capirà molte più cose di quanto non abbia fatto nel corso precresima (folgorante apparizione di Renato Carpentieri che parla a Marta del vero Gesù).
Rohrwacher dipinge con uno stile da documentarista un pezzo di Italia ancora mai visto al Cinema. Davvero un ottimo esordio.
Silvio Messinetti
Subito si confronta con un mondo sconosciuto, diviso tra ansia di consumismo e rudimenti arcaici. Il microcosmo dentro cui inizia ad esplorare la nuova terra è un corso di preparazione alla cresima.
Si imbatte così nella chiesa e nelle sue incongruenze, le sue ambiguità, i suoi lati oscuri. La parrocchia della periferia di Reggio Calabria come schermo di un’Italia corrotta e priva di valori, dove anche il parroco (Salvatore Cantalupo) procaccia i voti per un notabile di turno, per ingraziarsi il vescovo in vista di una sua promozione futura. La chiesa tuttavia rimane uno dei pochi luoghi comunitari dove evadere dall’anonimato e dove la piccola Marta ha modo di confrontarsi, parlare, giocare, conoscere e conoscersi. Fuori c’è l’oscena quotidianità della speculazione edilizia, delle fiumane inquinate, delle discariche fai da te, dello scempio urbanistico. Paradossalmente gli unici barlumi di vita vera scorrono lungo i tornanti dell’Aspromonte, verso il paesino fantasma in cui il parroco va a prelevare l’antico crocifisso. In quelle case diroccate, in quegli anfratti di un’esistenza abbandonata, Marta capirà molte più cose di quanto non abbia fatto nel corso precresima (folgorante apparizione di Renato Carpentieri che parla a Marta del vero Gesù).
Rohrwacher dipinge con uno stile da documentarista un pezzo di Italia ancora mai visto al Cinema. Davvero un ottimo esordio.
Silvio Messinetti
Corpo celeste
Regia: Alice Rohrwacher
Sceneggiatura: Alice Rohrwacher
Cast: Yile Vianello, Salvatore Cantalupo, Pasqualina Scuncia, Anita Caprioli, Renato Carpentieri, Monia Alfieri, Licia Amodeo, Maria Luisa De Crescenzo, Gianni Federico
Produzione: Svizzera, Francia, Italia 2011
Durata: 100 min.
Distribuzione: Cinecittà Luce
Uscita in sala: 27/05/2011