C’era una volta Pedro Almodóvar. Con il suo cinema. Che rielaborava le sue ossessioni: la memoria, le donne, la tragedia (in chiave greca), la perdita, la morte. Con la sua cifra stilistica, il grottesco, la parodia, la Spagna che usciva dal grigiore franchista, era tutta una miscellanea di colori, forti, accesi, belli. In ordine sparso: Tutto su mia madre. Parla con lei. Donne sull’orlo di una crisi di nervi. La mala educación. Fino a Volver e, perché no, con le sue imperfezioni anche Gli abbracci spezzati. Citazioni. Divertissement. Storie di donne. Arriva Julieta, presentato in concorso all’ultimo Festival di Cannes. Le solite ossessioni. Ma declinate male. Si cita il Pontos greco, la mitologia prende corpo per raccontare la storia di Julieta, che a Madrid in un appartamento borghese racconta in un diario alla figlia scomparsa la verità sul suo passato, su suo padre, su sua nonna, sull’uomo del treno, sull’amica del padre, sulla governante. Le dice tutto in quelle pagine che riportano indietro una vita che aveva seppellito. Grazie anche all’aiuto di Lorenzo Gentile. C’è un treno. C’è il rosso. Ci sono gli anni Ottanta. C’è il sesso. Ci sono citazioni di Alfred Hitchcock e in particolare di Rebecca, la prima moglie. Perché in questo film c’è il mare, la governante sinistra, una prima moglie morta che non compare mai, una tempesta, una barca che affonda, qualche elemento lesbico ben nascosto, e un titolo con un nome femminile. C’è un po’ di tutto di quel film. Mescolato per imbrogliare le carte. Ma mescolato molto male, con dialoghi da telenovela. Citate anche quelle. La base ufficiale però sono quattro racconti del premio Nobel Alice Munro. Nota per scrivere short stories piuttosto asciutte, molto lontane dalla poetica del regista, noto invece per la sua estetica fatta di eccessi. Il problema di fondo è che Pedro Almodóvar è diventato maestro intoccabile e come tutti i maestri intoccabili può fare un po’ quel che vuole. Non c’è nessuno che gli ricorda di tornare in carreggiata. O meglio hanno probabilmente tutte le maestranze il timore reverenziale di introdurre quelle due lettere: “ma…”. E quando accede così spesso ci si perde nella noia di una cinematografia che non sa più che dire. Il surrealismo, il grottesco, tutti quegli elementi che sono stati alla base di tanta letteratura latina purtroppo si perdono nell’oblio e anche qualche intuito, qualche cosa non del tutto invereconda resta persa in una realizzazione che è ciarpame. Eppure gli interpreti sono bravi, in particolare le due versioni giovane e di mezz’età della Julieta del titolo, Adriana Ugarte e Emma Suárez.
Erminio Fischetti
Julieta
Regia: Pedro Almodóvar
Interpreti: Adriana Ugarte, Emma Suárez, Daniel Grao,
Dario Grandinetti, Inma Cuesta, Rossy de Palma
Dario Grandinetti, Inma Cuesta, Rossy de Palma
Produzione: Spagna, 2016
Durata: 98’
Distribuzione: Warner Bros., 26 maggio 2016
Voto: 2/5