Via dalla pazza folla di Thomas Vinterberg

Via dalla pazza folla è uno dei capolavori assoluti della letteratura mondiale. Profondo, complesso, doloroso, amplissimo nei temi e nella forma. Thomas Vinterberg – dopo aver aderito al Dogma di Lars Von Trier e aver diretto uno dei migliori film europei degli ultimi anni, Il sospetto – ci propone al cinema una versione bidimensionale e patinata del grande romanzo sopracitato. Un romanzo che per i canoni degli inglesi è stato anche adattato poco per il grande e piccolo schermo – se lo si confronta con i numeri, certo più elevati, delle numerose versioni dei vari capolavori di uno Shakespeare o dei suoi più contemporanei Dickens o le sorelle Brontë (ci riferiamo soprattutto alle maggiori, Charlotte e Emily): prima di questa, due versioni mute, rispettivamente del 1909 e del 1915, un adattamento televisivo del 1998 e soprattutto uno filmico del 1967 di quasi tre ore, rimasto maggiormente nella memoria degli spettatori, fatica di quel John Schlesinger di Darling e Un uomo da marciapiede e con un cast di prima grandezza come Julie Christie, Alan Bates, Peter Finch e Terence Stamp, che fu all’epoca accolta non del tutto positivamente dalla critica, ma se confrontata a quella odierna ritrova tutto un suo valore non solo del racconto, ma soprattutto cinematografico. Perché? Perché questa edizione del 2015 (doveva uscire lo scorso anno, ma poi è stata rimandata) che vede protagonisti Carey Mulligan, Matthias Schoenaerts, Michael Sheen e Tom Sturridge (figlio del regista Charles che di adattamenti ci capisce qualcosa, sua è la mano che ha diretto, con Michael Lindsay-Hogg, quella splendida miniserie del 1981 - Ritorno a Brideshead - da Evelyn Waugh che lanciò un giovane Jeremy Irons) per quanto cerchi di restare fedele alla trama lo tradisce nella sua essenza, nei suoi temi, nei suoi argomenti, nell’etica politica e morale dello stesso Hardy, attraverso una scrittura estremamente banale, che in molti casi rasenta l’idiozia, della caratterizzazione dei personaggi e dei fatti narrati. Ad aver preso in mano il romanzo e ad averlo riscritto per il grande schermo c’è uno scrittore, David Nicholls (bestsellerista internazionale con Un giorno e finalista al più prestigioso dei premi letterari inglesi lo scorso anno con Noi), che non sa fare lo sceneggiatore, molti pensano nemmeno lo scrittore, ma non ci avventuriamo troppo con le parentesi. Pertanto, lui che dovrebbe conoscere bene la materia del romanzo non ne comprende l’essenza di uno dei più crudeli e basilari del XIX secolo, facente parte della stessa letteratura a cui lo stesso Nicholls dovrebbe appartenere, quantomeno in teoria. O con Hardy, Nicholls ha solo in comune il fatto che proviene dallo stesso Paese e sicuramente hanno imparato entrambi l’alfabeto? Opterei per quest’opzione. Perché Nicholls l’alfabeto lo usa, ma non sembra saper mettere le lettere nei posti giusti, scadendo in dialoghi imbarazzanti, massacrandone gli elementi femministi, la lingua, l’elemento della natura, ricorrente, il suo pessimismo e la sua matrice filosofica e politica. Qui è tutto pulito, laccato e leccato, non si conosce, non si ode, non si “vede” la puzza di stalla, l’odore dell’aria di campagna e dei campi. E infatti la fotografia da cartolina (di Charlotte Bruus Christensen) è molto romantica, calda, bella; la colonna sonora di Craig Armstrong avvolgente, i costumi (di Janet Patterson, la fedele di Jane Campion) stirati e cuciti perfettamente. Ma Thomas Hardy racconta di puzza di stalla, ricordiamo, di sudore, di pecore morte (che sì compaiono, ma non viene loro data troppa importanza), di sesso, di donne complesse, che non battono i piedi come delle bambine viziate, di varie e diverse tipologie di uomini, dell’eterno tema britannico delle differenza di classe. Cose – per carità professionalmente ineccepibili, anche meritorie in tal senso - che non si sposano però troppo felicemente con il film di Thomas Vinterberg, il quale ha a sua discolpa anche un cast che non funziona troppo bene, per quanto sulla carta sembri perfetto: a cominciare da Carey Mulligan, incapace di dare vita a quella Bathsheba, già troppo complicata dal nome datole dai suoi genitori che erano morti quando era bambina.

Erminio Fischetti







Via dalla pazza folla
Far from the Madding Crowd
Regia: Thomas Vinterberg
Interpreti: Carey Mulligan, Matthias Schoenaerts, Michael Sheen, Tom Sturridge, Juno Temple, Jessica Barden
Produzione: UK/USA,2015
Durata: 119’
Distribuzione: 20th Century Fox, 17 settembre 2015


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