TFF: Fuoriscena, parlano Massimo Donati e Alessandro Leone

All'ultimo Torino Film Festival abbiamo incontrato Massimo Donati e Alessandro Leone e ci hanno rilasciato un intervista esclusiva:

Come è nato il progetto di Fuoriscena?

Massimo Donati: Avevo sentito parlare dell’Accademia Teatro alla Scala, scuola di eccellenza situata nel cuore di Milano ma di cui pochi conoscono l’esistenza. Ho proposto ad Alessandro un lavoro che ne esplorasse i diversi aspetti, professionali e umani, ma in maniera non canonica. Chi conosceva l’Accademia ci invitava a cambiare progetto, vista l’inaccessibilità alle troupe (di sconosciuti per altro) nei locali della scuola.
Testardamente abbiamo presentato il nostro progetto, che è piaciuto alla Direzione. Li abbiamo rassicurati dicendo loro che saremmo entrati in punta di piedi, con discrezione, senza interferire nelle attività didattiche, che, soprattutto, non avevamo intenzione di sposare un’estetica televisiva. Dopo un periodo di reciproca conoscenza, di lunghe osservazioni e interviste agli allievi senza macchina da presa, abbiamo raccolto sufficienti elementi per cominciare quello che è diventato un lungo viaggio nell’unica scuola al mondo che prepara a tutti i mestieri del teatro d’arte. Il vostro è stato un lungo lavoro a quattro mani. Come avete portato avanti insieme questa idea senza alterare le vostre singole individualità.


Alessandro Leone: Io e Massimo avevamo già lavorato insieme sul documentario La via del ring. E’ stato naturale condividere questo progetto, certi di essere in sintonia sull’approccio, sugli obiettivi e sul taglio estetico: un lavoro di osservazione, che privilegiasse lo svolgersi degli eventi nella loro naturalezza, maturando in partenza l’idea di una mdp discreta nel seguire quotidianamente gli allievi, fuori e dentro l'Accademia, fino ai prestigiosi palcoscenici del Piccolo Teatro e del Teatro alla Scala. Durante l’anno di riprese abbiamo costantemente ritoccato il canovaccio che ci ha inizialmente guidati, senza per altro stravolgere l’idea all’origine del film. Il lavoro di regia è il risultato di una costante dialettica produttiva, che aveva però sin da principio dei punti fermi: restituire la dimensione visiva e sonora che caratterizza l'elaborata macchina spettacolare del teatro, costruire un racconto corale senza il bisogno di interviste o voci narranti a commento, il rifiuto di qualsiasi artificiosità, certi di trovare nella quotidianità delle attività didattiche e preparatorie dei diversi spettacoli gli elementi essenziali per trasformare l’esperienza straordinaria degli allievi ballerini, cantanti, scenografi, in narrazione cinematografica.

Su quale aspetto avete preferito focalizzarvi durante le riprese?

Massimo Donati: Riprendere per un anno intero lo scorrere della vita senza aggiungere elementi di finzione, ci ha portati a raccogliere con pazienza i diversi percorsi formativi, le emozioni sincere di piccoli e grandi protagonisti, quelle più intime e personali come quelle dettate dalla disciplina, dalla fatica e dalla determinazione, che caratterizzano la ricerca della perfezione nello spazio ‘fuori dalla scena’. Poi ovviamente gli spettacoli, momento culminante dei percorsi di preparazione che vedono sinergicamente coinvolti artisti e maestranze.

Qual è esattamente il Fuoriscena che vorreste venisse carpito dallo spettatore?

Alessandro Leone: Ciò che rimane “fuoriscena” per lo spettatore del teatro è l’umanità che caratterizza i percorsi di chi investe la propria vita per realizzare un sogno. Ciò che abbiamo voluto raccontare per immagini è l’universo sfaccettato che si nasconde dietro il palcoscenico, evitando di ripercorre i luoghi visivi già esplorati da cinema e televisione. Il “fuoriscena” non è il semplice dietro le quinte, o le dinamiche conflittuali tra artisti, ma l’immersione rispettosa e temporanea nelle vite di persone, adulti e ragazzini, mai spaventati dai sacrifici richiesti per arrivare a coronare quel sogno, la loro esistenza fuori dall’ordinario, la consapevolezza di dover ricercare costantemente la perfezione per avvicinare il più possibile il concetto di bellezza, attraverso un gesto armonico, l’intonazione della voce, la cura con cui si esegue la cucitura di un abito.
E ancora, “fuoriscena” c’è una macchina complicata che mette in relazione professionalità diverse accomunate da una convergenza: il teatro.

Quale sarà il futuro del teatro in Italia?

Massimo Donati: E' una domanda complessa a cui non siamo titolati a rispondere. Certamente molte realtà dovranno cambiare le loro logiche produttive, perché i fondi pubblici non cresceranno in tempi brevi, ma questo potrebbe essere anche un momento di rinnovamento, da un certo punto di vista, perché potrebbe spingere a raggiungere un pubblico più ampio e variegato, inventando forme nuove di coinvolgimento, nuove strategie, nuovi attori del gioco, e questo non sarebbe per nulla negativo. Ci vuole coraggio, iniziativa e grandi competenze e in questo, una realtà come l'Accademia, che forma figure altamente professionali, può svolgere un ruolo significativo.

Chi sceglie una strada come quella artistica non avrà mai vita facile, almeno non in Italia, dove il settore artistico-culturale è quello che ha più risentito della grave crisi economica. Consigliereste ancora ai giovani di oggi di intraprendere questa carriera?

Alessandro Leone: Ovviamente. I sogni non temono le crisi e i giovani hanno sempre più la consapevolezza di vivere in una geografia dilatata e accessibile. La passione rende semplice qualsiasi spostamento. Ne sono l’esempio molti dei ragazzi che abbiamo conosciuto girando il film.

Massimo Donati: Credo che ciascuno per sentirsi davvero realizzato deve cercare di ascoltarsi nel profondo, individuando la propria vocazione. Si seguono alcuni sogni difficili non perché è bello o perché farlo porta la stima degli altri e la nostra. Si seguono perché c'è una necessità, una impossibilità a farne a meno, e su questo si giocano le poche chance di essere felici.

Giuseppina Genovese



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