Lo sfarzo è spurio per definizione, cristallino solo al primo sguardo superficiale. In natura non esistono i diamanti raffinati, e la neve bianca delle Alpi nasconde al di sotto sporche rocce guastate dal fango. Simon (Kacey Motten Klein) apprende questa lezione guardando il riflesso bianco del paradiso sciistico d’alta quota, ancorato sulla carrozzeria della funivia che gli cigola sopra la testa, proprio dietro il vicolo della sua casa popolare. Un mondo di attrezzature hi-tech e lauti pranzi abbronzati, che al giovane ladruncolo frutta quotidianamente un bel bottino da rivendere agli amichetti giù a valle. Nonostante la maggiore età, infatti, la sorella Louise (Léa Seydoux) trova difficoltà a mantenere un lavoro stabile, preferendo alla gran lunga lo sperpero di denaro in sigarette e relazioni instabili dal contorno ombroso.
I soldi perciò non bastano mai, e il dodicenne svizzero è costretto ad alzare sempre il tiro fino a quando, scoperto, sarà rimandato sulla piana industriale malgrado la stagione sciistica ancora aperta. Ma le illusioni d’appartenenza o i sogni emulativi non gli attanagliano l’innocenza del cuore. Simon sa bene, che salvo il pigiamino azzurro e l’alberello di Natale, non gli appartiene nulla, nemmeno lo strano segreto che nasconde.
La regia imposta una trattazione che regala ai volti gran parte dello spazio fotografico. Il fuoco filmico sbanda poco, e se di rado decide di cambiare inquadratura, lo fa solo per promuovere una riflessione più intima, esacerbata attraverso il contrasto fra le due nature: aria limpida in alta quota, e smog di strade fangose ai suoi piedi. Sullo scheletro delle icone viene adattata una sceneggiatura che insegue le immagini senza disturbarle, lasciando allo spettatore qualche attimo per tradurre l’illustrazione in pensiero visivo. In tal modo, lo schermo si condensa di emozioni sottili, che se all’inizio combattono antagoniste per farsi largo, sul finale confluiscono su di un unico binario che dona all’intera pellicola una speranza tanto sincera, quanto apprezzabile. L’acting trova, in tutto ciò, un ruolo cristallizzato nei piccoli gesti quotidiani, che vanno dalla svestizione di fine giornata alla camminata lungo il sentiero che porta a casa. L’azione diretta non trova, quindi, eccessivo impiego; ma quando giocata sa unificare il flash della parola – generalmente breve – allo splendore dello scenario, sia essere tragico o felice. Il film raccoglie infine la dolce eredità musicale del precedente Home, dove Ursula Meier affidò alla nota lo spazio descrittivo oggi espresso nel ritratto.
Sister è una pellicola commovente per la sua veridicità, intrisa di un gusto estetico che ne ammorbidisce l’amarezza della forma.
Paolo Buonvino
Sister
L'enfant d'en haut
Regia: Ursula Meier
Cast: Léa Seydoux, Kacey Mottet Klein, Martin Compston,
Gillian Anderson, Jean-François Stévenin
Produzione: Francia, Svizzera 2012
Durata: 100 min.
Uscita: 11-05-2012
I soldi perciò non bastano mai, e il dodicenne svizzero è costretto ad alzare sempre il tiro fino a quando, scoperto, sarà rimandato sulla piana industriale malgrado la stagione sciistica ancora aperta. Ma le illusioni d’appartenenza o i sogni emulativi non gli attanagliano l’innocenza del cuore. Simon sa bene, che salvo il pigiamino azzurro e l’alberello di Natale, non gli appartiene nulla, nemmeno lo strano segreto che nasconde.
La regia imposta una trattazione che regala ai volti gran parte dello spazio fotografico. Il fuoco filmico sbanda poco, e se di rado decide di cambiare inquadratura, lo fa solo per promuovere una riflessione più intima, esacerbata attraverso il contrasto fra le due nature: aria limpida in alta quota, e smog di strade fangose ai suoi piedi. Sullo scheletro delle icone viene adattata una sceneggiatura che insegue le immagini senza disturbarle, lasciando allo spettatore qualche attimo per tradurre l’illustrazione in pensiero visivo. In tal modo, lo schermo si condensa di emozioni sottili, che se all’inizio combattono antagoniste per farsi largo, sul finale confluiscono su di un unico binario che dona all’intera pellicola una speranza tanto sincera, quanto apprezzabile. L’acting trova, in tutto ciò, un ruolo cristallizzato nei piccoli gesti quotidiani, che vanno dalla svestizione di fine giornata alla camminata lungo il sentiero che porta a casa. L’azione diretta non trova, quindi, eccessivo impiego; ma quando giocata sa unificare il flash della parola – generalmente breve – allo splendore dello scenario, sia essere tragico o felice. Il film raccoglie infine la dolce eredità musicale del precedente Home, dove Ursula Meier affidò alla nota lo spazio descrittivo oggi espresso nel ritratto.
Sister è una pellicola commovente per la sua veridicità, intrisa di un gusto estetico che ne ammorbidisce l’amarezza della forma.
Paolo Buonvino
Sister
L'enfant d'en haut
Regia: Ursula Meier
Cast: Léa Seydoux, Kacey Mottet Klein, Martin Compston,
Gillian Anderson, Jean-François Stévenin
Produzione: Francia, Svizzera 2012
Durata: 100 min.
Uscita: 11-05-2012