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Sconvolgente, scottante, amaro, impegnativo, fragile, complesso. E l’elenco potrebbe durare ancora a lungo, Maternity Blues è uno di quei film da vedere non solo con gli occhi, ma anche con l’anima, con il cuore. 15 minuti di applausi alla 68ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia dove è stato presentato nella sezione Controcampo italiano e una sala stampa sgomenta, quasi asmatica all’anteprima tenutasi alla Casa del Cinema non sono che le (ovvie) conseguenze di un dramma sottovalutato, rinnegato, disconosciuto, etichettato di parole ingiuste e frettolose. La sindrome di Medea, più comunemente conosciuta come depressione post partum è qualcosa di molto complesso e doloroso che trascende tutte quelle analisi scientifiche e quelle ricostruzioni a cui ci siamo abituati nel corso degli anni attraverso gli innumerevoli salotti televisivi.
Per cercare di comprendere cosa si nasconde dietro l’infanticidio, non c’è scienza che tenga. E le ferite dell’anima sono inesplicabili. Perciò è più facile soffermarsi su un gesto orribile e sulle sue conseguenze, piuttosto che andare a scardinare quella solitudine, quella frustrazione, quell’ansia e quella sensazione di abbandono a cui le donne si ritrovano subito dopo il parto. Viviamo in una società in cui i ruoli “madre” e “padre” sono già stati definiti secoli addietro senza possibilità di appello. Ma cosa è davvero una madre? E soprattutto, l’istinto materno esiste davvero? Quesiti a cui cerca di rispondere Fabrizio Cattani che riprende il testo teatrale From Medea, per aprire la strada verso nuovi punti di vista sul tema dell’infanticidio. Con Maternity Blues ha voluto porre al centro del dibattito la donna e il suo ruolo in una società maschilista, ruolo che non sempre equivale a maternità. L’istinto materno non esiste, è solo un falso mito che andrebbe presto sfatato, e l’omicidio del proprio figlio non è che un gesto estremo di disperata difesa. Uccidendo il proprio bambino, la donna fragile, indifesa, non uccide che se stessa.
Clara è da poco arrivata nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione dello Stivere. Apparentemente sembra una piccola oasi nel verde. Un grande parco, scuole per insegnare un mestiere, la cucina, la lavanderia, anche la sala per festeggiare le ricorrenze, ma chi ci abita non ha nessun motivo per essere spensierata. Sono anime in pena quelle che si aggirano fra quelle mura, anime che non avrebbero bisogno di questa prigione senza sbarre, la loro anima ha già una lunga catena invisibile che non spezzeranno mai. Clara, Rina, Eloisa, Vincenza, tutte unite nello stesso unico dramma: l’infanticidio. Diverse nel manifestare il proprio dolore, ma così irrimediabilmente vicine, ogni donna trova nell’altra la possibilità di comprendere e osservare se stesse e capire quale baratro le ha portate verso l’inferno. Clara (Andrea Osvart, in una prova di grande spessore) ha un marito, Luigi, un uomo che nonostante abbia perso entrambi i figli, ancora non riesce a porre fine all'amore per la sua donna e proverà a perdonarla.
Maternity Blues è un film tratteggiato con delicatezza, asciutto, ma anche fortemente carico di tensione. Non vuole porre dei giudizi, ma solo (ed è già troppo, come una morsa allo stomaco che non si allenterà mai nel corso del film) mostrare questi volti sofferenti, distrutti, di un dolore che non avrà mai fine.
Giuseppina Genovese
Maternity Blues
Regia: Fabrizio Cattani
Cast: Andrea Osvart, Monica Birladeanu,
Chiara Martegiani, Marina Pennafina, Daniele Pecci,
Elodie Treccani, Pascal Zullino, Giulia Weber, Lia Tanzi,
Pierluigi Corallo, Franca Abategiovanni, Amina Syed
Produzione: Italia, 2011
Distribuzione: Fandango
Durata: 95 min.
Data di uscita: 27-04-2012