Da molto tempo ci incuriosiva questo regista emergente sulla scena cinematografica italiana ed internazionale. Già si era fatto notare oltreoceano con il film Il Divo e con una lunga lista di lungometraggi importanti. Ma con la pellicola This must Be The Place Paolo Sorrentino ha letteralmente conquistato il pubblico. Non a caso è il film che ha registrato il maggior incasso nel botteghino italiano con circa sei milioni di euro. Complice di questo successo sarà stata la fama di regista sensibile, camaleontico, costruita negli anni. Una personalità capace di cimentarsi in storie ed impieghi sempre diversi, passando facilmente dallo sceneggiatore al doppiatore, e per finire all’attore. Complice sarà anche la presenza di personaggi importanti e pluripremiati come l’attore protagonista Sean Penn ed il musicista David Byrne, leader del gruppo punk-rock-pop Talking Heads.
Complice sarà anche tutta la grande campagna mediatica fatta per questo film. Almeno in Italia perché in America è stato distribuito in anticipo rispetto agli Oscar ma in ritardo per parteciparvi. Ciononostante questa pellicola è un capolavoro. Originale non solo nella storia ma anche nella regia. Il tocco poetico e calmo di Sorrentino trova la sua massima elaborazione durante la narrazione.
La storia riguarda il personaggio di Cheyenne una star del punk-rock in pensione che passa la sua vita tra la noia ed i ricordi fino a quando arriva la notizia della morte di suo padre. Non avendo mai avuto alcun rapporto con lui, cerca di scoprire qualcosa della sua esistenza scartabellando tra le sue cose. Viene a scoprire così che il padre era stato rinchiuso in un campo di concentramento e che ha speso l’ultima parte della sua vita a ricercare il suo carnefice senza esito. Spinto dalla volontà di realizzare l’ultimo desiderio del padre e dal bisogno di uscire dalla monotonia di cui è satura la sua vita, intraprende un viaggio per tutta l’America alla ricerca delle tracce di questo ex ufficiale nazista, fino a trovarlo. Quello che inizia come un road movie per rivendicare l’onore del padre, diventa un percorso di formazione in cui il protagonista interrogherà sé stesso e la sua vita. Accompagnato da musiche straordinarie che ricordano quelle dei veri rocker anni ‘70 e s’incarnano pienamente con le atmosfere da Easy Rider Sorrentino e Penn riescono a rendere limpida ed appassionante la ricerca di questo personaggio non convenzionale, spesso stravagante, che non parla di sé, ma ciò che è essenziale della sua personalità lo si legge tutto nei suoi occhi.
Lo studio per personaggi originali che tanto stanno a cuore al regista, trova la sua massima manifestazione in questa pellicola degna di lode. Con la poesia che contraddistingue la regia di Sorrentino, lo spettatore entra nell’interiorità di Cheyenne senza sforzo apprezzando questa star che dopo anni di notorietà, raggiunge la massima umanità nell’atto di rimettersi in gioco, ricercando il suo vero sé stesso ed uno scopo nella sua vita, come se il ragazzo che è in lui non fosse mai diventato adulto.
I riferimenti e la cura nei dettagli sono elementi che oltre alle interpretazioni, alle musiche ed alla scenografia, incrementano la qualità della pellicola, rendendola a tutti gli effetti un film che avrebbe gareggiato tranquillamente agli Accademy Awards portandosi a casa qualche premio. Un dato in più che sorprende lo spettatore sono gli incontri casuali che il protagonista fa nel suo percorso dove incrocia personaggi che nessuno penserebbe mai pensare di incrociare in un viaggio alla ricerca di sé stessi.
Un dato negativo però è la poca scorrevolezza nella narrazione che rende difficile rimanere concentrati. Si tratta dello stile di Sorrentino, che vuole far assaporare ogni istante del film, ma può essere anche un’arma a doppio taglio perché rischia di annoiare chi guarda. Ciò però non toglie valore a questo film che è e rimane un vero capolavoro.
Laura Santelli
Complice sarà anche tutta la grande campagna mediatica fatta per questo film. Almeno in Italia perché in America è stato distribuito in anticipo rispetto agli Oscar ma in ritardo per parteciparvi. Ciononostante questa pellicola è un capolavoro. Originale non solo nella storia ma anche nella regia. Il tocco poetico e calmo di Sorrentino trova la sua massima elaborazione durante la narrazione.
La storia riguarda il personaggio di Cheyenne una star del punk-rock in pensione che passa la sua vita tra la noia ed i ricordi fino a quando arriva la notizia della morte di suo padre. Non avendo mai avuto alcun rapporto con lui, cerca di scoprire qualcosa della sua esistenza scartabellando tra le sue cose. Viene a scoprire così che il padre era stato rinchiuso in un campo di concentramento e che ha speso l’ultima parte della sua vita a ricercare il suo carnefice senza esito. Spinto dalla volontà di realizzare l’ultimo desiderio del padre e dal bisogno di uscire dalla monotonia di cui è satura la sua vita, intraprende un viaggio per tutta l’America alla ricerca delle tracce di questo ex ufficiale nazista, fino a trovarlo. Quello che inizia come un road movie per rivendicare l’onore del padre, diventa un percorso di formazione in cui il protagonista interrogherà sé stesso e la sua vita. Accompagnato da musiche straordinarie che ricordano quelle dei veri rocker anni ‘70 e s’incarnano pienamente con le atmosfere da Easy Rider Sorrentino e Penn riescono a rendere limpida ed appassionante la ricerca di questo personaggio non convenzionale, spesso stravagante, che non parla di sé, ma ciò che è essenziale della sua personalità lo si legge tutto nei suoi occhi.
Lo studio per personaggi originali che tanto stanno a cuore al regista, trova la sua massima manifestazione in questa pellicola degna di lode. Con la poesia che contraddistingue la regia di Sorrentino, lo spettatore entra nell’interiorità di Cheyenne senza sforzo apprezzando questa star che dopo anni di notorietà, raggiunge la massima umanità nell’atto di rimettersi in gioco, ricercando il suo vero sé stesso ed uno scopo nella sua vita, come se il ragazzo che è in lui non fosse mai diventato adulto.
I riferimenti e la cura nei dettagli sono elementi che oltre alle interpretazioni, alle musiche ed alla scenografia, incrementano la qualità della pellicola, rendendola a tutti gli effetti un film che avrebbe gareggiato tranquillamente agli Accademy Awards portandosi a casa qualche premio. Un dato in più che sorprende lo spettatore sono gli incontri casuali che il protagonista fa nel suo percorso dove incrocia personaggi che nessuno penserebbe mai pensare di incrociare in un viaggio alla ricerca di sé stessi.
Un dato negativo però è la poca scorrevolezza nella narrazione che rende difficile rimanere concentrati. Si tratta dello stile di Sorrentino, che vuole far assaporare ogni istante del film, ma può essere anche un’arma a doppio taglio perché rischia di annoiare chi guarda. Ciò però non toglie valore a questo film che è e rimane un vero capolavoro.
Laura Santelli
This Must Be the Place
Regia: Paolo Sorrentino
Cast: Sean Penn, Frances McDormand, Eve Hewson,
Harry Dean Stanton, Joyce Van Patten
Produzione: Italia, Francia, Irlanda, 2011
Distribuzione: Medusa
Durata 118 min.
Uscita: 14-10-2011