Nei mesi successivi all’11 settembre a Los Angeles Ray e Jess stanno
indagando in merito all’eventuale coinvolgimento in fatti di terrorismo dei
membri di una moschea. Hanno un supervisore nuovo, Claire, della quale Ray pian
piano si innamora. Un giorno accanto alla moschea viene ritrovato il corpo
senza vita, brutalmente stuprato e assassinato, della figlia di Jess. Per Ray
quel caso mai risolto, a causa di un insabbiamento politico, diverrà la sua
ossessione, a scapito anche della sua felicità … La domanda sorge spontanea già
prima di aver visto il film. Figurarsi dopo. Perché fare a distanza di sei anni
un remake abbastanza pedissequo di un film molto bello di suo? Un’opera che
raccontava una storia molto specifica del Paese in cui era ambientato:
alternativamente l’Argentina della fine degli anni Novanta e soprattutto quella
terribile degli anni Settanta, che per tradizioni e cultura è molto diversa dagli
Stati Uniti del periodo post-11 settembre. Pertanto il remake di Billy Ray ha
un’anima molto differente dall’originale di Juan José Campanella, del quale si
percepisce un tempo e una vicenda molto più ambigua, molto più sofferta, molto
più nera, dove la politica, o ancor meglio il potere, e la corruzione sono una
bestia nera e sinistra non debellabile, dove chi ne è vittima deve pagare un
prezzo molto alto. Questo nuovo Segreto
dei suoi occhi, versione statunitense, è rifatto nella ripresa della sua
trama in maniera anche fedele, a parte alcuni cambiamenti all’insegna del
politically correct (l’agente dell’FBI afroamericano, la madre – single – della
vittima, nonché collega del protagonista, è evidentemente una donna, non più un
uomo, ed altri piccoli dettagli legati all’ambiente e al territorio), ma perde
soprattutto l’armonia, i colori, le emozioni, la malinconia, la rabbia e
principalmente il dolore, che l’altro film trasmette potentemente allo
spettatore. Un esercizio di “parafrasi” piuttosto corretto, ma freddo e
scialbo, dove alcuni degli interpreti compiono un lavoro pulito, ma non molto
di più: Chiwetel Ejiofor, nel ruolo dell’agente, e la madre della vittima e
collega di lui, una Julia Roberts low profile, che accetta anche di
farsi vedere invecchiata e sciatta, fanno quel che possono di fronte invece ad
una Nicole Kidman bambolona, che si trova molto poco a suo agio, anche perché
ormai muove gli occhi perché non può muovere più tutto il resto, e quindi
compie un po’ sullo spettatore quell’esercizio dell’incredulità tipico dei suoi
ultimi film: fra il suo personaggio, il procuratore distrettuale, bellissima e
affascinante, e il protagonista maschile, di lei innamorato malinconicamente,
perché vi ha rinunciato. Anche lei è coinvolta prima e dopo nelle indagini.
Film e personaggi che non emozionano. Una storia che purtroppo la politica dell’America
latina e gran parte del mondo ad essa legata negli anni Settanta dovette
subire, quando tutto veniva insabbiato dalle dittature e dai governi del tempo,
che abbiamo subodorato spesso anche in Italia in quegli anni bui e terribili.
Lo spostamento al post-11 settembre sarebbe anche la giusta prospettiva per un
racconto di sfondo statunitense, per descrivere quel senso di ambiguo, di
corrotto, di soffocante, ma perde di mordente, purtroppo. Nel precedente film
c’era un lasso temporale tra il caso dell’omicidio e la sua risoluzione di
venticinque anni, in questo solo di tredici, troppo pochi per raccontare un
cambiamento storico e lo scoperchiamento di un vaso di Pandora. Resta un film
con un cast di nomi, sicuramente dignitosi, anche bravini a tratti, ma
certamente non al loro meglio.
Erminio Fischetti
Il segreto dei suoi occhi
Regia: Billy Ray
Interpreti: Julia Roberts, Chiwetel Ejiofor, Nicole Kidman
Produzione: USA, 2015
Durata: 108’
Distribuzione: Good Films, 12 novembre 2015
Distribuzione: Good Films, 12 novembre 2015