Racconto breve
Era una mattina di febbraio. Il paese sonnecchiava sotto una coltre di nebbia. Dalla finestra di cucina si scorgevano le case, le dolci montagne perlate di neve. Fuori il silenzio ristoratore del mattino mi faceva riscoprire la natura, il dolce canto degli uccellini che volavano da una casa all'altra
posandosi ora su una grondaia, ora sulla finestra o sul tetto. Osservarli volare allegri, guardare le loro alucce colorate, le loro zampine mi faceva sentire viva, qualcosa nel loro corpo palpitava come nel mio, un qualcosa che li teneva in vita dal freddo e dalla fame.
Nell'animo sentivo una grande pace, la verità era davanti a me, una verità pura, non era la verità crudele che gli uomini costruivano ogni giorno, era la verità della natura che mi circondava.
Io continuavo a camminare ed il ricordo degli uccellini e della nebbia sarebbe rimasto nel mio animo, nessuno poteva rapirmelo ed io lo sapevo, per questo gioivo. Poi il sole come d'incanto si alzò dalla coltre di nebbia e la vallata fu rischiarata, i suoi raggi potenti avevano dissolto la nebbia ed ora dominava come un imperatore. Riscaldava i tetti delle case, i fiori, gli alberi, riscaldava il mio corpo e la mia anima. Il sole lo sentivo dentro me come qualcosa di vivo. Il suo cerchio d'oro si apriva tra il cielo azzurrino e l'aria fresca. Avevo voglia di correre fra i campi cercando qualcosa che non sapevo cos'era, una voglia pazza di abbracciare il mondo, di stringerlo a me perché ora io l'avevo scoperto e volevo che fosse tutto mio. La terra dei campi emanava un nuovo sapore, un sapore di vita, era fragile e cuoceva sotto i raggi del sole. La strada la sentivo dura e calda sotto i miei piedi nudi, il fiume gorgogliante e gli alberi tremuli. Sentirsi libera, come era bello!
La cascata si ergeva bianca nell'acqua limpida del piccolo fiume. Gli argini la dominavano, l'uomo li aveva costruiti perché il fiume non corrodesse la strada e i campi. Mi sdraiai nell'erba fresca ed il mio cane mi venne vicino. Lo accarezzai e cominciai a giocare con lui. Era bello quel canino, il pelo folto mi ricopriva il viso e lo sentivo caldo, morbido, anche le unghie erano morbide nascoste nei suoi cuscinetti, gli occhi di cristallo dolci e il musino fragile. Gli parlavo e lui mi ascoltava con attenzione e poi ricominciava a giocare con me. Quanto mi sarebbe piaciuto che il tempo si fosse fermato lì e rimanere tutta la vita a giocare con il cane tra la campagna viva e il sole illuminante. Il sole si stava nascondendo tra le piccole nuvole che minacciavano la serenità del tempo. Ma non mi rattristai a quella vista perché sapevo che la natura era mutevole ed era sempre bella.
Lisanna Parri
Era una mattina di febbraio. Il paese sonnecchiava sotto una coltre di nebbia. Dalla finestra di cucina si scorgevano le case, le dolci montagne perlate di neve. Fuori il silenzio ristoratore del mattino mi faceva riscoprire la natura, il dolce canto degli uccellini che volavano da una casa all'altra
posandosi ora su una grondaia, ora sulla finestra o sul tetto. Osservarli volare allegri, guardare le loro alucce colorate, le loro zampine mi faceva sentire viva, qualcosa nel loro corpo palpitava come nel mio, un qualcosa che li teneva in vita dal freddo e dalla fame.
Nell'animo sentivo una grande pace, la verità era davanti a me, una verità pura, non era la verità crudele che gli uomini costruivano ogni giorno, era la verità della natura che mi circondava.
Io continuavo a camminare ed il ricordo degli uccellini e della nebbia sarebbe rimasto nel mio animo, nessuno poteva rapirmelo ed io lo sapevo, per questo gioivo. Poi il sole come d'incanto si alzò dalla coltre di nebbia e la vallata fu rischiarata, i suoi raggi potenti avevano dissolto la nebbia ed ora dominava come un imperatore. Riscaldava i tetti delle case, i fiori, gli alberi, riscaldava il mio corpo e la mia anima. Il sole lo sentivo dentro me come qualcosa di vivo. Il suo cerchio d'oro si apriva tra il cielo azzurrino e l'aria fresca. Avevo voglia di correre fra i campi cercando qualcosa che non sapevo cos'era, una voglia pazza di abbracciare il mondo, di stringerlo a me perché ora io l'avevo scoperto e volevo che fosse tutto mio. La terra dei campi emanava un nuovo sapore, un sapore di vita, era fragile e cuoceva sotto i raggi del sole. La strada la sentivo dura e calda sotto i miei piedi nudi, il fiume gorgogliante e gli alberi tremuli. Sentirsi libera, come era bello!
La cascata si ergeva bianca nell'acqua limpida del piccolo fiume. Gli argini la dominavano, l'uomo li aveva costruiti perché il fiume non corrodesse la strada e i campi. Mi sdraiai nell'erba fresca ed il mio cane mi venne vicino. Lo accarezzai e cominciai a giocare con lui. Era bello quel canino, il pelo folto mi ricopriva il viso e lo sentivo caldo, morbido, anche le unghie erano morbide nascoste nei suoi cuscinetti, gli occhi di cristallo dolci e il musino fragile. Gli parlavo e lui mi ascoltava con attenzione e poi ricominciava a giocare con me. Quanto mi sarebbe piaciuto che il tempo si fosse fermato lì e rimanere tutta la vita a giocare con il cane tra la campagna viva e il sole illuminante. Il sole si stava nascondendo tra le piccole nuvole che minacciavano la serenità del tempo. Ma non mi rattristai a quella vista perché sapevo che la natura era mutevole ed era sempre bella.
Lisanna Parri