Miracolo a Le Havre (2011) di Aki Kaurismaki

Un film poetico. Perché la cinematografia di Aki Kaurismaki è poesia pura. E’ lirismo, evocazione, sogno. Miracolo a Le Havre (2011) non è semplicemente un film, ma un’opera che riflette (e fa riflettere) su un dramma del nostro tempo: le migrazioni e gli sbarchi di profughi. Kaurismaki lo fa nel suo stile, pennellando col suo tocco da maestro, dando spettacolo in un’arida cinematografia europea. Ogni sbarco di disperati in fuga da guerre e persecuzioni andrebbe immortalato in foto o in un dipinto. Andrebbero scolpiti i volti, incuriositi  e spaesati di chi muove i primi passi su un suolo sconosciuto, quelli malinconici e delusi di chi torna a casa.
C’è chi va e c’è chi viene a e da Le Havre, una finestra di Normandia aperta al mondo. Kaurismaki disegna le coordinate dell'avventura «extracomunitaria» in 16 mm, Idrissa nascosto prima nel container di una nave, poi nell'armadio, dentro un carretto, dietro una porta mentre il lustrascarpe, malvisto fino a quel momento dal vicinato, diventa la primula rossa di Le Havre e come in un musical orchestra l'opera di soccorso corale. Il film lievita nel suo esilarante tocco. Il mestiere di sciuscià esplica mirabilmente l’idea che il cineasta finnico ha del mondo e del cinema. Un realismo poetico che rimanda al cinema popolare francese degli anni Trenta (Carnè, Clair), ma soprattutto a Chaplin. Lo sguardo carico di malinconia ed indignazione, la tenue armonia fra gentile umorismo ed asciutta tenerezza, la compenetrazione di idealismo romantico e senso della realtà.. E’ quest’ultimo elemento, in particolare, a definire la cifra stilistica, nonché l’approccio morale, di Kaurismaki: la capacità di far passare, come dei fulmini a ciel sereno eppure senza retoriche sottolineature, squarci di drammatica realtà (il telegiornale che riporta la notizia dello sgombero di un accampamento di migranti; il dolore di una malattia incurabile, la miseria di una vita di stenti, l’arroganza dei ricchi, dei privilegiati, delle istituzioni) in un immaginario di per sé idealizzato (la bizzarra “fauna” da bar, la pittoresca rock-star anziana di origini italiane, il fruttivendolo col carretto, le case popolari color pastello. Poco importa se, nella realtà, non esistano poliziotti che chiudono un occhio su un piccolo clandestino in fuga, non ci si aiuti fraternamente fra vicini di rione, non si guarisca miracolosamente da un male incurabile, non fiorisca un ciliegio da un giorno all’altro: è la bellezza del cinema di Kaurismaki, una bellezza che non ha bisogno di psicologie né di personaggi complicati per farci toccare con mano l’amarezza di una vita da outsider. Un film magico. Da vedere e da tramandare.

Silvio Messinetti




Miracolo a Le Havre
Le Havre
Regia: Aki Kaurismaki
Cast: André Wilms, Jean-Pierre Léaud, Kati Outinen,
Jean-Pierre Darroussin, Elina Salo, Blondin Miguel
Produzione: Finlandia, Francia, Germania, 2011
Durata: 93 min.
Successivo
« Precedente
Precedente
Successivo »