
Ma è la stessa materia della narrazione che parla al cuore e alla coscienza. La storia ricalca un racconto di Victor Hugo, Les pauvres gents, che parla di Jeanne e del marito pescatore Paul. Paul non fa ritorno dal mare e Jeanne teme giustamente per il futuro suo e dei suoi cinque figli. Non si chiede neanche un attimo, però, se adottare o no i due bambini della vicina di casa rimasti orfani. Pensa che Paul non approverà questa scelta. Invece no: tornato sano e salvo, anche per lui è doveroso prendersi cura di altri due bambini, nonostante la precarietà economica della famiglia.
Le nevi del Kilimangiaro racconta la stessa vicenda in chiave moderna e con un’ironia ammirevole, con quella giusta distanza che, dice sempre Guèdiguian, si apprende solo nel tempo e non si può insegnare, né ce la si può imporre. Così, tra una risata e l’altra, ed una bella carezza al cuore, la coppia Michel e Marie-Claire passa dal licenziamento di lui, ai festeggiamenti del trentesimo anniversario, da una rapina violenta subita in casa, allo sforzo di comprensione nei confronti dell’assalitore (un operaio che ha perso il posto insieme a Michel e ha due fratellini da accudire). Fino alla decisione, ciascuno per proprio conto, di occuparsi dei due bambini con il timore che l’altro non sia d’accordo e lo scioglimento finale in cui si scopre (deliziosamente) che la scelta separata dei due coniugi è la sintesi di tutta la loro vita insieme.
La storia è simmetrica a quella di Victor Hugo e anche qui c’è il mare: è girata a Marsiglia, a L’Estaque, lo stesso quartiere di Marie-Jo e i suoi due amori e altre precedenti pellicole del regista, che, ci tiene a precisare, fa film a Marsiglia e non su Marsiglia. Che sarebbero però molto diversi senza quei suoni, i gabbiani, le cicale, le luci, le navi che partono e tornano nel porto.
E come per la povera gente di Victor Hugo, qui un gesto di solidarietà diventa lezione morale: la guerra tra poveri, infatti, fa il gioco del potere economico, mentre la solidarietà è l’unica soluzione per allargare la consapevolezza, e per vivere dignitosamente, umanamente, la propria vita.
Non sono dello stesso parere i figli già grandi della coppia, né la sorella di Marie-Claire ed il marito (amico intimo di Michel), vittime anche loro della rapina e desiderosi di vendetta. Le loro convinzioni vengono presentate senza giudizi o pregiudizi, anzi con una sana comprensione riservata a tutti i personaggi. Ai figli trentenni, che hanno un orizzonte limitato per l’insicurezza del periodo storico e la perdita ideologica comune alla loro generazione; ai cognati che sono prigionieri della violenza subita e non sanno perdonare. Che invece i nostri protagonisti siano vincenti ce lo dicono la serenità dei loro sorrisi, l’amore più profondo nell’inclusione, la saggezza e l’apertura al mondo dei loro cinquant’anni.
La banalità del bene, non sempre scontata, qui e ancor meno nella vita, aggiunge luce a questo film già così luminoso. Fa pensare Le nevi del Kilimangiaro a un Ken Loach francese, meno disperato e più leggero. Ma simile per l’impegno, rivendicato in pieno dal regista, quando, tranquillamente, durante l’incontro, il suo discorso cade sulla parola comunismo e socialismo, e lui sorride.
Bellissime le canzoni, più di tutte Les neiges du Kilimanjaro di Pascal Daniel che, cantata dalla famiglia riunita, sa aggiungere quel po’di sana nostalgia per i personaggi e per gli spettatori meno giovani.
Margherita Fratantonio
Le nevi del Kilimandjaro
Les neiges du Kilimandjaro
Regia: Robert Guédiguian
Sceneggiatura: Robert Guédiguian, Jean-Louis Milesi
Cast: Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darroussin, Gérard Meylan,
Maryline Canto, Grégoire Leprince-Ringuet.
Produzione: Francia, 2011
Distribuzione: Sacher Distribuzione
Durata: 107 min.
Uscita: 2-12-2011