
"Perché la tragedia di Cucchi- spiega Fabio Anselmo, il legale della famiglia- non consiste soltanto nella negazione dei diritti (alla difesa, alle cure mediche, al trattamento penitenziario, ad un giusto processo) ma nella negazione della vita. A Stefano quel cortocircuito medico- giudiziario- carcerario ha tolto il diritto al bene primario, il diritto alla vita. E tutto questo deve far riflettere perchè mai più accada". Scorrono le immagini di Tor Pignattara, area multietnica a sud di Roma, tra la Casilina e la Prenestina. Dove Stefano era nato e cresciuto. Una vita difficile, la sua. Caduto più volte nella trappola della droga, era riuscito a tirarsi fuori dal tunnel. E non è certo morto per l'uso di sostanze come il sottosegretario (!) Carlo Giovanardi, tra il serio e il faceto, ha l'ardire di sostenere. Stefano, al contrario, è spirato in circostanze drammatiche perchè il carcere anzichè essere una struttura protetta è un luogo franco dove il sopruso e l'angheria la fanno da padroni. Il giorno dell'arresto Stefano in tribunale «non era normale, aveva il viso gonfio come un pallone. Uscito dall'aula, si avvicinò a me dicendo "Papà, è finita". Gli risposi "Stefano, noi ti aiutiamo, però vai in comunità"; e lui "Papà, ma lo vuoi capire che mi hanno incastrato?"». L'episodio viene raccontato da Giovanni Cucchi con dignità e fermezza. C'è poi la sorella di Stefano, Ilaria, a cui si deve il merito di aver fatto diventare la vicenda di dominio pubblico. Perchè lo "scandalo Stefano Cucchi" è esploso da quando la famiglia decise di far pubblicare sulla stampa le foto di Stefano all'obitorio. Fu allora che i genitori videro il figlio dopo una settimana di angoscia : «Non era più lui, era una maschera, un teschio. Massacrato, irriconoscibile». Più o meno la stessa sorte che era capitata a Federico Aldrovandi, Giuseppe Uva (ed ,aggiungiamo noi, a Carlo Giuliani anche se in circostanze diverse). Ragazzi, tutti under 30, a cui uomini in divisa han troncato l'esistenza nel fiore degli anni. Parla la madre di Aldrovandi, Patrizia Moretti, e racconta il clima di omertà e impunità che aleggiava durante il calvario giudiziario in seguito alla morte del figlio. Accanto a lei la madre di Uva e Ilaria Cucchi. "Mio fratello è stato lasciato solo per quattro ore su una panca di ferro con la schiena rotta. Nel nostro paese il detenuto è carne da macello, la vita umana non conta nulla. Stefano, poi, non solo era detenuto ma era pure sfigato: perchè non lo conosceva nessuno". Grazie al suo coraggio (e oggi al docufilm di Cartolano) invece lo scandalo è venuto alla luce. Ed aspetta solo giustizia.
Silvio Messinetti
148 Stefano, mostri dell’inerzia
Regia: Maurizio Cartolano
Produzione: Italia, 2011
Durata: 65 min.